domenica 23 dicembre 2007

Il popolo come Grande Fratello

I tempi sono cambiati. Ad una velocità impressionante. Le analisi politiche su quello che succede sono inevitabilmente datate, si fa riferimento a modelli politici antichi senza moltissimo spirito critico.
Stranamente è proprio nei modelli più antichi che possiamo ritrovare le chiavi di lettura per capire quello che ci sta succedendo intorno.
La grande polemica, in Italia, è sulla continua esposizione mediatica della classe politica. Ora, non voglio dare giudizi di merito né schierarmi da qualche parte. Mi limito ad osservare che continuamente, in ogni momento, qualunque affermazione, telefonata, presa di posizione o uscita in pubblico di un politico viene immediatamente riportata da giornali, televisioni, blog, siti online e chi più ne ha più ne metta. Mentre prima i tempi di reazione politici si misuravano in giorni, poi in ore, al momento attuale entro mezz'ora da un'affermazione, exploit o intercettazione le reazioni già fioccano. Non è inusuale che in una giornata ci sia tempo a sufficienza per uno scambio di affermazioni politiche anche a più livelli, con dichiarazioni, controdichiarazioni, risposte, commenti, precisazioni e cambi di rotta che si susseguono nel giro di poche ore. E' evidente che i politici stessi reggono con difficoltà questo ritmo, arrivando in poco tempo a pronunciare totali stupidaggini, a commettere azioni riprovevoli che in passato sarebbero, o sarebbero potute essere, compiute nel buio di un ufficio, con giorni di preparazione alle spalle e giorni a disposizione per preparare una ponderata risposta. Adesso non si ha il tempo materiale per elaborare, digerire e tirar fuori una risposta adeguata.
Non voglio elogiare né giustificare la pessima classe politica italiana, ma è evidente come ci sia bisogno di uomini e donne eccezionali per poter gestire questo continuo flusso di informazioni. I nostri politici sono completamente inadeguati allo scopo, ma non è colpa loro, dopo tutto siamo noi che li eleggiamo.
Sembra essere una situazione senza precedenti nella complicata arte del governo della cosa pubblica, ma in realtà non lo è. C'è un parallelo perfetto con quanto è avvenuto nell'infanzia della democrazia: stiamo nient'altro che trasformando la nostra democrazia rappresentativa, imperfetta per definizione, in una abnorme polìs di tipo ateniese.
Nell'infanzia della democrazia la rappresentanza era limitata al massimo e limitata ai casi di necessità (penso ai dieci strategoi eletti da Atene per condurre la guerra), mentre l'assemblea era sovrana. Assemblea con esattamente gli stessi pregi e difetti che vengono attribuiti adesso alla folla: eccitabilità, influenzabilità, mancanza di senso critico, insindacabilità. Quelle stesse caratteristiche che adesso vengono rimproverate al "popolo" (con quel senso dispregiativo che viene usato dai commentatori contemporanei) venivano descritte da Platone, Tucidide, Senofonte. E' quel popolo che ha reso grande Atene, ma è lo stesso popolo che votò per l'esecuzione di Socrate o per lo sterminio indiscriminato degli abitanti di Mitilene. La contraddizione intrinseca di questi fatti è la benedizione e la maledizione di ogni democrazia, sempre più forte tanto più la democrazia è diretta.
I nostri politici, che si lamentano per la continua esposizione mediatica, farebero meglio a ripensare ai loro grandi antenati. Pericle, Cimone, Milziade, Tucidide dovevano confrontarsi con una cittadina di 80000 persone, dove tutti si conoscevano, dove ogni abitante poteva facilmente essere messo alla berlina (persino Socrate, massacrato nelle Nuvole di Aristofane) e persino, se antipatico, ostracizzato, ovvero mandato in esilio per dieci anni solo perché la maggioranza dell'asemblea aveva deciso in questo senso, senza bisogno di ulteriori spiegazioni. Famoso il caso di Aristide, forse il migliore dei politici di quel periodo, che fu ostracizzato solo perché il popolo si era stancato di sentirlo chiamare "il giusto".
Questi giganti dell'antichità riuscirono, nonostante le continue discussioni, gli scontri, gli esilii e i rovesci a creare il faro che tuttora ci guida, il primo vero sistema politico funzionante. Certo, qui si sta parlando di gente di ben altra caratura rispetto agli attuali Fini, Veltroni, Prodi e Berlusconi, e dubito che Platone avrebbe mai scritto un dialogo tra Socrate e Maurizio Gasparri (anche se sarebbe un bell'esercizio provare a scriverlo!). Ma è indubbiamente quello l'esempio che si deve seguire. Dopo tutto, nonostante la continua e pesantissima esposizione all'opinione pubblica (che peraltro si dava per scontata, giusta e necessaria), quegli uomini sono stati in grado di compiere opere che hanno resistito all'onta dei secoli e che tuttora ammiriamo. Anch'io penso che l'esposizione sia giusta e necessaria: ogni elemento della personalità e del comportamento di un uomo (o donna) pubblico deve continuamente essere sottoposto al giudizio del popolo (non inteso in senso dispregiativo). Nel momento in cui qualcuno decide di dedicare la sua vita alla politica perde automaticamente qualunque diritto ad una vita privata: fare politica significa mettersi al servizio del bene pubblico, e i destinatari del bene pubblico, ovverosia noi, hanno tutto il diritto di sapere ogni cosa compiuta e fatta da coloro che hanno delegato a gestire la cosa pubblica. Non esiste comportamento di un politico che si possa definire "privato", la loro influenza sulle nostre vite è tale che qualunque loro azione sia sempre pubblica. La sola esistenza di un comportamento "privato" distinto da quello pubblico è una garanzia che prima o poi i due verranno in conflitto d'interessi, giusto per usare un concetto che da un po' va tanto di moda.
Con buona pace di George Orwell, quindi, la società dell'informazione sta facendo sì che tutti noi siamo in grado di vedere e giudicare ciò che le persone pubbliche, che sono quelle che influenzano ogni nostra azione, fanno. Diventare famosi, anche solo per i quindici minuti citati da Andy Warhol, ci dà un enorme potere di influenza. Ma con questo arriva anche la croce di essere sotto i riflettori tutto il tempo, di essere sotto osservazione ogni momento.
Siamo noi il Grande Fratello. Non è giusto, probabilmente non è onesto, ma è necessario come compensazione per l'enorme potere che l'informazione continua fornisce alle persone in vista.
Dopo tutto i nostri politici potrebbero dirsi ben contenti che per adesso nessuno abbia proposto la reintroduzione dell'ostracismo... Ma ho speranze per il futuro.

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Now playing: Galaxie 500 - Listen, the Snow Is Falling
via FoxyTunes

venerdì 21 dicembre 2007

Ancora sul driver MySql per Ruby in Mac OSX

Pare che il processo descritto nel post precedente non fosse sufficente. Ho dovuto andare nella directory dove era installata la gem (nel mio caso era: /Library/Ruby/Gems/1.8/gems/mysql-2.7) e lanciare la compilazione a manella con un bel:
sudo env ARCHFLAGS="-arch i386" ruby extconf.rb --with-mysql-dir=/usr/local/mysql
seguito da un:
make install
facendo attenzione che il test.rb, che andrebbe eseguito, probabilmente non funzionerà (vi conviene far girare un vostro script con i parametri di connessione settati o, al massimo, far eseguire alla vostra applicazione Rails lo scaffolding.
Tosto, ma funziona.

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Now playing: fIREHOSE - In My Mind

giovedì 20 dicembre 2007

Installare il driver MySql per Ruby su MacOsx

Dopo (appena) tre ore di lotta profonda sono riuscito ad installare il connettore per MySql in Ruby, necessario per poter andare avanti con quei (pochi) progetti di sviluppo che ho in mente.
La documentazione online è un po' carente, quindi mi lancio a pubblicare la mia perla di saggezza (insomma, in questa maniera sembra funzionare...)
Per installare il connettore MySql Ruby in Mac OSX:
basta lanciare il comando:
sudo env ARCHFLAGS="-arch i386" gem install mysql -- --with-mysql-config=/usr/local/mysql/bin/mysql_config
Banale, no? E' evidente che Gems, l'installer di Ruby, ha tuttora qualche problema con i Mac, nonostante l'affermazione della Apple che "MacOSX è la piattaforma ideale per sviluppare applicazioni Ruby on Rails"...
Dovrò fare qualche prova per essere sicuro che funzioni (ho installato l'ultima versione di MySql, e temo le incompatibilità di librerie) ma almeno il client è installato.
Alleluia!

sabato 15 dicembre 2007

Blogger e la matematica... Rinuncio?

Ci voglio provare. Sarò un po' pigro, forse, ma allo stesso tempo mi piacciono le sfide divertenti. Scrivere di matematica e fisica è abbastanza complicato, ma visto il livello pessimo a cui vengono insegnate ambedue le materie nelle nostre scuole - non per colpa dei docenti, ma solo per colpa di chi scrive i programmi ministeriali... Mi piacerebbe che un giorno o l'altro queste personalità misteriose avessero un volto! - non sarà difficile scrivere qualcosa abbastanza interessante.
Peccato che il buon Blogger, la piattaforma a cui mi appoggio per scrivere queste due stronzate, sia profondamente refrattario al MathML.
Sto ancora ragionando per decidere quale dei duemila complicatissimi hack che sono in giro per rendere le formule in maniera decente. Non mi va di aggiungere delle GIF (tra l'altro dovrei divertirmici non poco per poterle far visualizzare in maniera corretta, vista la combinazione di colori che ho scelto), non mi va di usare complicati script e, soprattutto, non mi va di tornare a scrivere LaTEX come 18 anni fa per vedere un'equazione in maniera decente.
E meno male che il Web è stato inventato dai fisici...

Il Mercato Orientale

Genova è una città antica, più antica di quanto possa sembrare. Genova è una città modernista, più che moderna, più di quello che possa sembrare. L'ho vista ben poco alla fine, arrivato di domenica sera e ripartito di martedì. Avrei voluto rimanerci di più, devo dir che mi ha intrigato ed attirato.
Ci si arriva, almeno in aereo, dopo una lunga traversata sul mare. Viaggiando dopo il calar del sole il tutto ha un che di magico: per un'ora ci si trova immersi in un buio totale, senza nemmeno una luce all'orizzonte che ci dia un punto di riferimento. Poi, all'improvviso, l'aereo vira, e la corona di luci della costa ligure si piazza decisamente a destra mentre l'aereo scende verso l'aeroporto. E' una discesa lunga, quasi interminabile, la perdita di quota lenta e impercettibile. A sinistra solo il nero infinito del mare.
A un certo punto appare Genova, avvolta nella luce ambrata delle luci al mercurio. Non è un apparire improvviso, la costa ligure è un susseguirsi ininterrotto di luci abbarbicate sulle montagne. Ci si rende conto che si sta per atterrare solo perché all'improvviso, quando i è già sotto l livello delle gru portacontainer, sotto l'aereo appare il macadam della pista. Dopo un attimo si sente il colpo dell'atterraggio e l'ululare dei motori in inversione che frenano l'aeromobile.
E' strana la prima impressione che mi ha fatto Genova. Il primo impatto mi ha ricordato le immagini che mi erano state trasmesse dal leggere di New Crobuzon. Una città antica, ancorata nel lungo sonnecchiare di prima della rivoluzione industriale, alla quale fossero state incollate quasi a forza le stimmate dell'industrializzazione selvaggia. Un infinito distendersi di palazzi antichi e consunti, alti e incollati alle colline, attraversati da immense strade sopraelevate moderne eppure consunte. Uno sporco creativo per una città steampunk.
E' solo un'immagine di una mente dotata di troppa (inutile) immaginazione, ma funziona ed è forte.
Ho potuto passeggiare solo per un'oretta di sera, macchina fotografica in mano. Il sole stava tramontando proprio in quel momento, la luce era magica. Il centro era inondato delle mille luci di Natale, brulicante di gente. Ho adorato quella sensazione, soprattutto quando, girando per una stradina, ho visto un ingresso nascosto con l'insegna "Mercato Orientale" sopra. Mi ci sono fiondato ed ho trovato proprio quello che cercavo: un mercato coperto, in piena e frenetica attività nonostante l'ora, affollato di venditori e compratori di tutti i colori e di tutte le razze, sorridenti e vocianti. Mai nome fu più appropriato: un piccolo suk, immerso in una città ferma nell'immaginario di un tardo XIX° secolo che avrebbe potuto essere ma non è stato. C'è tutto, a Genova, c'è l'oriente, c'è l'occidente, c'è l'antico, c'è il moderno. Non mi sarei sorpreso a trovare sulle bancarelle una macchina di Babbage perfettamente funzionante, reliquia di un passato mai avvenuto, pronta per essere acquistata da chiunque fosse passato di là.
Grazie Genova, mi hai regalato dei bei momenti, purtroppo troppo brevi. Luciderò gli ottoni sognando quel passato che non hai mai avuto ma che rappresenti anche troppo bene.




sabato 8 dicembre 2007

Ancora una volta in partenza...

Domani (o oggi, Dio solo sa quando finirò di scrivere queso post) sarò in partenza. Volo nel pomeriggio, poi la sera a Genova. Mi fa piacere, non conosco l'Orgogliosa Signora e ne sono attirato. Un'altra di quelle città profondamente, anticamente mediterranee, pregne di storia. Uno di quei gangli di comunicazione, sorta di fibre nervose in formato continentale, che si occupavano di trasmettere idee e avvenimenti su e giù per il Mediterraneo. Nel 1347 una galea da carico genovese partì dal porto di Caffa, in Crimea, allora sotto assedio. Varcati Bosforo e Dardanelli attraversarono tutto l'Egeo e lo Ionio, mari dai nomi antichi e significativi, per approdare a Messina, i movimenti già incerti, la febbre alta. Fu una nave di morti che camminavano quella che approdò in Sicilia, pronta a spargere il regalo più sgradito tra tutti quelli che l'Asia ha mandato all'Europa tramite il Mediterraneo. La Peste Nera, il disastro immane che ha schiantato la civiltà medievale, aprendo allo stesso temo la strada per il Rinascimento.
A Genova nacque (forse, o forse a Barcellona) l'uomo che, per fortuna o per abilità, di certo anche grazie alla sua faccia tosta, ha varcato le colonne d'Ercole dell'immaginario, ponendo per primo (forse...) tra gli europei moderni il piede in America.
Qualcuno dice che si sarebbe dovuto fermarlo, qualcun'altro è contento di come siano andate le cose.
Io non esprimo giudizi di merito, mi limito a prepararmi per quest'ennesimo, breve viaggio, sapendo che probabilmente è l'ultimo di questa serie, con la consapevolezza del buon lavoro compiuto ma, ahimé, anche de poco tempo che ho potuto dedicare a me stesso. E' stato un anno duro, ma lo lascio pieno, veramente colmo di speranze per il futuro... Sarò un illuso?
Mi auguro che ci saranno altri viaggi, il prossimo anno. C'è ancora un mondo immenso là fuori, e non vedo l'ora di vederne il più possibile!

venerdì 30 novembre 2007

Hdspa, o della libertà

Odio Telecom Italia. Profondamente. La vedo come una vecchia signora bastarda, rinsecchita, acida. L'ho sempre odiata. Sono quattro (e più?) anni che abito nella casa in cui sono, ma non sono mai riuscito, per quanti tentativi abbia fatto, a farmi collegare un ADSL a casa. Ho dovuto ricorrere ai peggiori sotterfugi, ma niente ha avuto effetto: sono dietro a un Mux e mi attacco, almeno fino a che qualcuno, nella beneamata Telecom Italia, non si deciderà a rinnovare un minimo la rete anche nelle "zone disagiate" come quella in cui abito. Che, per la cronaca, fa parte della Capitale d'Italia.
Ho sopportato, ho lottato, ho sofferto. Tutto inutile, il mostro affamato che controlla le nostre linee telefoniche non ha voluto sentire ragone.
Finché, disperato, non ho deciso di comprare un modem Hdspa (3.2 gbit di velocità teorica massima... Non va a quella velocità ma ne vale la pena!). Funziona, e poche ore dopo averlo comprato sto scrivendo queste righe collegato con il "bambino".
La tecnologia non dà la libertà. Ma, se la usiamo bene e con intelligenza, a volte può darci una mano.
Fanculo, Telecom. Per adesso uso 'sto coso, in attesa che tu faccia la fine di Alitalia.

giovedì 22 novembre 2007

Perché si è rotto il giocattolo?

La full immersion degli ultimi giorni mi ha portato, molto più degli anni scorsi, a riflettere su di un problema che, tempo fa, mi aveva assillato non poco. Perché la fisica fondamentale, quella che in parole povere descrive le leggi base della natura, ha fatto così pochi passi avanti negli ultimi trent'anni?
Non mi piace partire da un'affermazione per poi dimostrarla, ma in questo caso credo che farò proprio così... Anche se più che una dimostrazione si tratta di un racconto anche abbastanza tranquillo.
La fisica, almeno quella fondamentale, ha avuto un incremento esponenziale delle sue conoscenze e delle spiegazioni date che, a partire da Newton in poi, non si è fermato. La sequenza è spettacolare: gravitazione, meccanica, elettromagnetismo, fisica atomica, relatività generale, meccanica quantistica, fisica subatomica (non è il suo vero nome, ma tant'è...)... Sono arrivate una dopo l'altra, fino agli anni settanta dello scorso secolo è stato un susseguirsi continuo di nuove teorie, nuove spiegazioni, nuove formule sempre più importanti e spettacolari.
Poi, trent'anni fa, il sistema è andato rallentandosi fino a fermarsi completamente. Certo, sono uscite nuove teorie - anche di estremo successo - su fenomeni secondari, su argomenti particolari che hanno aiutato a creare argomenti sempre più spinti. Ma i fondamentali, quelle teorie che hanno come unico scopo quello di illustrare quali siano i costituenti e le regole che governano l'universo, si sono fermati, limitandosi a fornire teorie sempre più astruse, sempre meno verificabili, una dopo l'altra, spesso in contrasto (anche veemente) tra di loro.
Molti passi sono stati fatti, è vero, ma sono passi piccoli, poco importanti. Niente di eclatante. Perché tutto questo? Chi ha tirato il freno a mano?
Nessuno. E' stata la fisica che si è scavata la fossa da sola. L'esplosione di fisica teorica dopo la seconda guerra mondiale ha fatto sì che decine e decine di migliaia di pagine venissero scritte, molte sono durate lo spazio di un mattino, molte altre hanno superato la prova degli anni. Le abilità matematiche di giovani dotati sono state messe alla prova e hanno superato brillantemente l'agone, pubblicando capolavori di precisione e di virtuosismo senza eguali. I fenomeni sono stati spiegati, uno dopo l'altro, fino a che non ci si è trovati di fronte ad uno scoglio.
Sono finiti i fenomeni da spiegare.
Ora, intendiamoci, non è che si sappia tutto dell'universo. A dire il vero non sappiamo praticamente niente, ma come Socrate sappiamo di non sapere. Il problema è che i fenomeni da studiare dipendono strettamente dalla tecnologia: se siamo in grado di generare elettricità allora possiamo buttarci in una spiegazione dell'elettromagnetismo, altrimenti non ne abbiamo proprio la possibilità. Se dobbiamo capire come funziona un motore a vapore sviluppiamo la termodinamica. Se dobbiamo spiegare la radioattività ricerchiamo la fisica nucleare. Facciamo esperimenti, troviamo risultati, e poi i teorici si buttano sulle spiegazioni, elaborando pregnanti teorie, facendo previsioni sui risultati degli esperimenti e bruciando le teorie una dopo l'altra fino a trovarne qualcuna che funziona E la fisica fa un passo da gigante in avanti.
Ma, purtroppo, adesso la teoria è arrivata molto, molto avanti. Negli anni settanta abbiamo appreso che esistono i quark, e quando si è capito che non ci si poteva far nemmeno una bomba anche i militari hanno cominciato a disinteressarsi. Le uniche due fonti di nuovi dati rimaste sono i grandi acceleratori di particelle e l'osservazione del cosmo. Gli acceleratori raggiungono energie che sono, per adesso, almeno una generazione indietro alle teorie che dovrebbero confermare. Le osservazioni del cosmo ci danno una quantità immensa di dati, ma per adesso sono così complessi che ci siamo resi conti che abbiamo bisogno di un salto nei fondamentali per poterle spiegare decentemente. Ma i nuovi, inspiegati fenomeni che potrebbero far andare avanti i fondamentali purtroppo latitano. Sono nascosti nei meandri delle particelle, nelle deviazioni sperimentali e nell'accuratezza degli strumenti. Sono intorno a noi, ma non abbiamo ancora gli occhi per vedere, dovremo aspettare che la tecnologia corra di nuovo in avanti, creando nuove meraviglie in attesa di una spiegazione sistematica.

lunedì 19 novembre 2007

Cortesie (quantiche) per gli ospiti

Scrivere di un argomento tecnico non è mai banale. Spesso, quando si scrive per un pubblico generale - ad essere cattivi di solito si dice profani, ma in un'era politically correct come questa al solo scrivere questa parola temo di rischiare il linciaggio - si è costretti ad effettuare singole e doppie traduzioni. Il rischio del lost in translation è altissimo.
Quando poi si tratta di Fisica Teorica, con i tutti i problemi di interpretazione e le guerre sante che impazzano tra le varie scuole, parlarne, in parole semplici, diventa come cercare di danzare per un campo minato. E' probabile che si zompi (leggiadramente) su una mina, con le conseguenze del caso.
Nonostante questo, visto che mi sono lanciato in una disamina della ToE di Garrett Lisi, mi trovo a dover parlare di un argomento estremamente tecnico ed ostico da comprendere sia per chi abbia gli strumenti necessari si per chi - e sono la stragrande maggioranza - non ne ha. Io, a dire il vero, mi trovo un po' a metà strada, visto che ho un po' degli strumenti che servono ma che devo spesso ricorrere ai miei tomi o alla rete per chiarirmi alcune parti... Mentre ci sono alcuni passaggi che svicolano del tutto dalla mia comprensione (in questo caso adotto una tecnica molto semplice: se nelle discussioni il passaggio viene dato per buono lo do anch'io per buono... Non molto scientifico ma spesso funziona!).
Mi rendo conto però che, per poter cominciare a parlarne, sono costretto a dare qualche nozione di base. Faccio 3 (dico 3!) premesse però:
  1. Non sono mai stato un grande Fisico, men che meno adesso che mi ritrovo a quindici anni di distanza dai miei studi. Dirò delle cose che a qualunque persona con un po' di conoscenze sembreranno delle boiate, ma serviranno, con esempi assolutamente inadeguati, a rendere un po' più chiari dei concetti che chiari non sono.
  2. Tenterò di non scrivere equazioni né di disegnare astrusi diagrammi. Non è banale, ma ci provo. Questo porterà a descrizioni assolutamente fuori di testa di fenomeni fisici che, ancora una volta, farebbero vomitare qualunque fisico.
  3. Questa è fisica, non buonsenso. Tutto quello che l'uomo comune crede di sapere non funziona. Non è grave, non c'entra niente con la religione, non fa male. Ma è un mondo "diverso" da quello a cui si è abituati.
Il mondo come noi lo conosciamo è fatto da osservabili. Questo significa che qualunque cosa che ci è intorno, qualunque sensazione, colore, suono ecc. è composto da svariate "osservazioni", quali possono essere ad esempio affermazioni del tipo "il legno è duro", "la luce è bianca" e così via. La fisica studia le relazioni tra questi osservabili, la maniera in cui questi interagiscono tra di loro e con noi (con grandissimo volo di fantasia siamo definiti "gli osservatori") e tenta di fare previsioni sul loro comportamento in determinate situazioni; tramite queste osservazioni le teorie fisiche - intese come insieme di regole che descrivono come si dovrebbero comportare questi osservabili - vengono messe alla prova. Se una teoria fa previsioni esatte funziona. Se sbaglia non funziona. Gli "sbagli" ci aiutano a definire il campo di applicazione di una teoria: ad esempio sappiamo che la teoria della gravità di Newton non dà previsioni accurate per l'orbita di Mercurio (uno spostamento infinitesimale, ma misurabile) e quindi possiamo dire che entro una certa approssimazione possiamo calcolare le orbite dei pianeti usando Newton, ma quando abbiamo bisogno di un'accuratezza maggiore dobbiamo rivolgerci alle più divertenti equazioni dello zio Albert.
Sappiamo che le interazioni tra osservabili sono appena quattro (perché quattro? Si prega di mettere questa domanda da parte per successivo utilizzo). Sono dette Interazione Nucleare Forte, Interazione Nucleare Debole, Interazione Elettromagnetica e Interazione Gravitazionale.
Le ultime due sono conosciute da secoli e facilmente sperimentabili: "prendere una scossa" è Elettromagnetismo (ma anche vedere, stendersi al sole ed abbronzarsi, ecc.), "cadere" è gravità. Le prime due sono un po' più difficili da notare, se non in caso di esplosione nucleare (per la Forte) o di portarsi in giro un pezzetto di materiale radioattivo (per la debole).
Ok, sono già un bel po' di informazioni. Andiamo avanti.
La grande sfida, il Santo Graal, l'Anello del Potere per i fisici oggigiorno è un'unica descrizione che riassuma queste quattro interazioni. Sono anni, quasi un secolo che ci stiamo dietro, con alterni risultati. Un grande successo è stato conseguito tra gli anni sessanta e settanta del secolo scorso, quando si è riusciti ad unificare tre delle quattro forze in circolazione: Elettromagnetismo, Nucleare Forte e Nucleare debole, tramite una teoria scientifica nota come Modello Standard. Il Modello Standard funziona, molto bene, consentendo di fare previsioni che sono state abbastanza verificate. Per quanto riguarda la gravità... Bé, è un po' la bestia nera dei fisici teorici. L'interazione gravitazionale è veramente strana: sembra essere solo attrattiva, è immensamente debole rispetto alle altre ed è talmente bastarda che si rifiuta ostinatamente di farsi descrivere in maniera esaustiva da una teoria quantistica di campo...
Alt! Che diavolo è una teoria quantistica di campo? Prima di tutto è un nome fichissimo. Se si fa cadere l'espressione teoria quantistica di campo in un discorso, anche se si sta parlando delle anche di Totti, si fa una figura fantastica. Tutti rimarranno a bocca aperta. Però occorre un minimo riuscire a descrivere di che cosa si tratta...
Ci provo, pronto a fare la figura peggiore della mia vita.
Immaginiamo un osservabile, una bella pallina di quelle che rimbalzano, giusto per amor di discussione. Non chiediamoci cos'è. Il comportamento di questa pallina è descritto da alcune quantità variabili (la sua velocità, la sua posizione ecc.). Noi possiamo mappare queste quantità disegnandole in un grafico (ad esempio possiamo scegliere la sua distanza da alcuni punti prestabiliti, la sua velocità...). Il grafico in questione è bidimensionale, quindi possiamo mappare giusto due proprietà alla volta. Facciamo uno sforzo di immaginazione: sapendo che le proprietà necessarie per descrivere il comportamento sono tante (butto giù un numero a caso: 9) immaginiamo di costruire un grafico con 9 assi. La "posizione" della pallina in questo grafico ci darà il suo stato, facendo scorrere il tempo la pallina si muoverà e ci darà la variazione del suo stato.
Se questo sembra cervellotico... Il resto è anche peggio.
Ora, quando si analizza la cosa utilizzando gli strumenti della teoria quantistica dei campi si scopre che è possibile dare la stessa, identica descrizione definendo quella che si chiama un'algebra, in cui gli operatori (gli equivalenti delle nostre operazioni tipo più, meno, per, diviso) prendono il posto delle interazioni tra di esse. Ora, tanto per sgombrare il campo da possibili fraintendimenti, qui si sta parlando di rappresentazioni della realtà. I fisici si occupano solo di questo, lasciando la realtà ontologica ai teologi. Chiunque dica che le cose stanno in maniera diversa sta mentendo spudoratamente. Di conseguenza noi possiamo dire che il Modello Standard rappresenta la realtà come un'algebra in cui gli operatori sono le interazioni... Alt, strafalcione: il Modello Standard rappresenta i 3/4 della realtà come un'algebra in cui gli operatori sono le interazioni (c'è molto altro, ovviamente). La gravità, questa disgraziata, ne rimane fuori.
Esistono varie maniere in cui la gravità può essere rappresentata come un'algebra, cosa che in teoria permetterebbe con una certa facilità la riunificazione delle rappresentazioni in un unico modello funzionante. Peccato non funzionino. A parte l'espediente di scrivere un unico tomo diviso in due parti dal titolo "Modello Standard" e "Teoria della Gravità", completamente differenti, non esiste al momento un metodo univoco con cui rappresentare le quattro forze.
E, a questo punto, dopo quest'immensa masturbazione mentale che trascende i secoli, arriviamo al nostro buon Garrett. Il surfista matto, tra un'onda e l'altra - per la cronaca questa è una battutaccia ben poco felice vista la caratura del personaggio e della teoria proposta - ha elaborato un metodo per descrivere *tutte* e quattro le interazioni utilizzando una struttura algebrica denominata E8. La struttura in questione è un bel delirio (anche esteticamente). Entrare nei dettagli non è opportuno, richiede conoscenze ben al di là di quanto comunemente conosciuto. Tentando di spiegarla in termini semplici si può dire che si possono prendere pezzi di questa struttura (delle sezioni) e ritrovare, con un po' di conticini, tante cose che si trovano nei modelli precedenti. Si ritrova il Modello Standard, e fino a qui niente di male, e si ritrova anche una delle formulazioni in termini di teoria quantistica dei campi della Gravità.
Grandioso. Se la cosa funziona Garrett Lisi ha trovato la maniera di mettere insieme i quattro gemelli separati della Fisica Teorica moderna. Non solo: altre cose emergono dalla struttura di E8: prima tra tutti emerge il motivo per cui le forze fondamentali sono quattro, direttamente derivato dalla struttura algebrica di E8 stesso. Uno dei più grandi problemi del Modello Standard - il fatto che tale modello sia strettamente dipendente da una decina di costanti il cui valore dev'essere arbitrariamente determinato - viene risolto, in quanto tali costanti emergono anch'esse dalla geometria della struttura. Alcuni valori risultanti di costanti fisiche sembrano essere in accordo con i valori recentemente misurati, valori per i quali era abbastanza duro trovare una spiegazione.
Inoltre il modello di Lisi ha una proprietà spettacolare che la rende quasi la teoria scientifica ideale per qualunque teorico: prevede l'esistenza di una ventina di nuove particelle che potranno essere rilevata con il nuovo acceleratore in costruzione a Ginevra. Se queste particelle si trovano la teoria funziona. Se non si trovano... Bé, è stato un bel tentativo.
Non è tutto oro quello che luccica comunque: la teoria ha qualche serio problema. A onor del vero, a parte il titolo nel quale Lisi gioca sui doppi sensi (il gruppo E8 è un gruppo che ha le proprietà matematiche di essere un'algebra di Lie sia eccezionale che semplice, da qui gli aggettivi del titolo, mentre la definizione Teoria del Tutto è una battutaccia nei confronti dei fan della Teoria delle Stringhe, un'altra teoria accreditata come la più probabile candidata per la grande unificazione ma, allo stesso tempo, che comincia a mostrare la corda), il lavoro del fisico americano non è una teoria, per sua stessa ammissione: si tratta solo dell'esposizione, anche abbastanza stringata, di un'idea; la matematica retrostante sembra funzionare, e questo è il punto fatto notare più spesso da Lisi. Ci sono dei dubbi sul significato fisico di alcune operazioni da lui fatte, nello specifico il fatto che lui combina (somma) campi scalari, spinori e altre entità di tipo diverso con una certa disinvoltura. Lisi ha un ottima spiegazione matematica per questo, bisogna vedere se l'interpretazione fisica ha senso. La critica selvaggia è stata che è più o meno come sommare massa e frequenza, cosa che anche uno studente di liceo sa essere sbagliata. Ma bisogna dire che, limitandoci al significato fisico, in un ambito di Grande Unificazione un certo senso forse c'è. Altra critica: le sezioni adottate da Lisi per ottenere il Modello Standard e la Gravitazione sono un po' arbitrarie, la spiegazione fino ad adesso adottata è molto simile a "ho scelto queste sezioni perché sono quelle che funzionano". Ottima spiegazione, ma per una Teoria del Tutto si potrebbe chiedere un po' di più.
La critica più forte, comunque, riguarda la non osservanza di un teorema nono come teorema di Coleman-Mandula. Riportare questo teorema in due parole è quantomeno ostico. Ci provo lo stesso: il tipo di interazioni tra particelle, se lo spazio tempo è fatto in una certa maniera, può funzionare solo tra entità ben definite; il modello di Lisi viola questo teorema. C'è un'accesa discussione in corso riguardo a questo punto, che è veramente problematico anche solo descrivere, ma il punto fondamentale è che secondo molti fisici per il modello di Lisi questo teorema non dovrebbe applicarsi minimamente, in quanto l'universo descritto è di tipo diverso da quello richiesto dal teorema di Coleman-Mandula. Uno spazio in continua espansione (spazio di De Sitter), che tra l'altro sembra accordarsi con ciò che osserviamo.
La proposta di Lisi non è, comunque, una teoria completa, quanto una proposta per poter arrivare ad una teoria. Ci vorrà ancora molto lavoro, visto anche che il modello basato su E8 è un modello classico, in cui il tempo scorre in maniera uniforme (lo è anche il modello standard, comunque).
Le critiche qui esposte (non sono le uniche) sono tutte campi aperti, in cui in questo momento i fisici si sfidano con i coltelli sguainati. La maggior parte con bordate matematiche in grado di stendere giganti, un paio di individui anche con bassi metodi da forum; ho letto su una discussione la frase Un troll con un phD è solo un troll... E l'incazzatura dei fisici che si occupano di Teoria delle Stringhe è palpabile. Ma, nella peggiore delle ipotesi, l'esplosione di discussioni anche molto accese sta rendendo possibile un dialogo/scontro che, come ogni vero scienziato sa, è l'unica maniera possibile per far andare avanti la conoscenza.
Fiuuu... E' stata dura, lo ammetto. Un po' di riposo adesso, domani proverò a rileggere quanto ho appena scritto... E troverò che ho scritto un mucchio di incomprensibili fesserie...

sabato 17 novembre 2007

Tempi Interessanti

Sono completamente immerso nella lettura del paper di Lisi sulla ToE (=Theory of Everything) e, soprattutto, delle discussioni che ha scatenato, che si stanno rivelando anche più divertenti e interessanti del lavoro stesso. Ogni pagina è una lotta, e sono spesso costretto a ributtarmi in giro sulla rete per rinfrescare quel (poco) che so sulla teoria quantica dei campi, sulla fisica delle particelle e, a dire il vero, anche su relatività generale e cosmologia. Il mio cervello reagisce bene, ma si vede che sto facendo un bel po' di fatica a scrollarmi di dosso anni e anni di ruggine accumulata ragionando su stupidaggini.
E' evidente che, a prescindere da tutto, ho sbagliato molto nella mia vita... Avrei potuto sono due parole che non si dovrebbero mai usare, ma in questo caso avrei potuto affrontare a muso duro le mie difficoltà, stringere i denti, concentrarmi su quello che stavo facendo e vincere quel mondo, il più bello dei mondi, che stavo perseguendo.
Non l'ho fatto. Non ho rimpianti, ma questo non significa che non sia consapevole che un'altra scelta, una serie di altre scelte una quindicina di anni fa, avrebbe potuto portare ad un diverso Silvio, non migliore, non peggiore ma diverso, forse con meno problemi, sicuramente con più soddisfazioni personali da perseguire.
Bé, se Feynman aveva ragione, da qualche parte là fuori quel Silvio c'è, e in questo momento sta azzannando con famelicità non solo pari, ma molto superiore alla mia E8, per tirarne fuori i più nascosti segreti e per sviscerarla, partecipando alla discussione invece di limitarsi ad osservarla da lontano, con invidia.
Grazie dr. Lisi, almeno mi hai fatto un po' riavvicinare a quel Silvio...

venerdì 16 novembre 2007

Ancora sul buon Garrett Lisi...

... E sulla sua "Teoria del tutto" basata su E8.
Sto faticosamente andando avanti nella lettura del suo lavoro. E quando dico faticosamente intendo proprio che sarebbe più semplice risolvere il cubo di Rubik bendati. Nel mio post precedente esprimevo il dubbio che si trattasse di una bufala... Alcuni commenti particolarmente negativi mi avevano spinto a questo.
Mi correggo ancora una volta. Pare non sia una bufala. Rileggendo per conto mio con attenzione il lavoro ho scosso un po' di ruggine dalle meningi e le obiezioni che avevo tirate fuori mi sono sembrate non molto fondate. Rimane la mia critica sui passaggi saltati, ma che diavolo, dopo tutto stiamo parlando di un lavoro di Fisica ai massimi livelli! E' un mio problema dover ravanare in conoscenze vecchie di quindici anni - o peggio, mai acquisite e da studiare ex novo - per riuscire a comprendere un'opera che, a dispetto del titolo, non è esattamente alla portata del salumiere dell'angolo (ma del surfista della spiaggia accanto si).
La teoria di Lisi ha degli ottimi punti di forza. Il tipo di rappresentazione che usa è ai limiti dell'odio per me, ma rispetto a certe teorie in giro negli ultimi anni è semplice e lineare. E, soprattutto, ha delle splendide implicazioni cosmologiche, sia "debolmente implicite", visto che non si può parlare di esplicito in un lavoro di questa portata, che in prospettiva...
Vado avanti, sperando in un sabato di tranquillità. Spero di poter leggere il lavoro...
Sto stuzzicando alcuni neuroni che credevo dormienti o anestetizzati dall'alcool... Una faticaccia, ma mi pare quasi di essere tornato giovane!

giovedì 15 novembre 2007

Una semplice teoria del tutto?

UPDATE: Qualcosa non torna con l'elegante pezzo di carta prodotto dal gentile dr. Lisi. Alcuni passaggi non sono convincenti, un po' di matematica non mi torna (potrei essere io, la ruggine invade ormai il mio cervello) e mi pare che certe assunzioni siano quanto meno azzardate...
C'è molta poca fisica e molta matematica (del tipo più divertente, devo dire), ma non sono per niente convinto dalla fisica. Ho il sospetto che si tratti di uno scherzo molto ben congegnato. Di alto livello, non c'è che dire, ma uno scherzo.
Temo che la mia fondamentale repulsione per la rappresentazione del Modello Standard e l'algebrizzazione della fisica delle alte energie mi renda un po' scettico, ma la parte che mi è più familiare ha troppi passaggi saltati per i miei gusti.
Voto per lo scherzo. Grandioso, tra l'altro.
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Prima o poi doveva succedere.
Me l'aspettavo da un momento all'altro. Un "tizio", probabilmente un genio (tale Garrett Lisi), a occhio pare essere uno dei tanti freak e spostati che sembrano essere la normalità nella società postindustriale 2.0. Vive spostandosi tra le Hawaii (dove fa surf) e il Colorado (dove, in maniera abbastanza scontata, fa snowboard). Ha la faccia simpatica, sembra tanto uno degli invidiabilissimi bersagli di invidia presentati su National Geographic Adventure o programmi del genere. Non ha giacca e cravatta, non è serio, non fa parte dell'establishment. Secondo molti non è nient'altro che uno dei tanti "parassiti della società" che non producono niente di importante.
Perfetto. Peccato che il buon Garrett, sotto quell'aspetto pacioccone da surfista filosofo nasconda un inquietante e terribile segreto: Garrett non è solo un innocuo surfista. E' un fisico teorico. Pure bravo, pare. Chi conosce i blog e i forum "giusti" sa che il dottor Lisi (perché il suo bravo PhD in fisica teorica ce l'ha...) è molto attivo nelle discussioni tra i teorici che lavorano sulla struttura fine stessa dell'universo. Anche tenuto in buona considerazione.
Il surfista, tra un'onda è l'altra, ha meditato molto sulle simmetrie e sulle rotture di simmetria (che sono tra gli argomenti più importanti nella moderna fisica della GUT). Ha anche meditato abbastanza sui diversi parallelismi tra particelle, sulle loro simmetrie e sulle regole di esclusione quantistiche e sui principi della fisica delle particelle... E alla fine è riuscito a mappare tutte queste proprietà peculiari delle particelle elementari su di un'algebra di Lie molto nota nelle comunità matematiche, la cosiddetta E8.
Questa figura, esteticamente - e matematicamente - molto significativa, ha svariate proprietà interessanti. La cosa più interessante è che, se Lisi ha ragione - potrebbe essere utilizzata come una vera e propria "tavola periodica" delle particelle elementari (come suggerisce lo stesso dr. Lisi), permettendo di effettuare previsioni verificabili con estrema facilità. Per dirla in breve, non tutti i 248 nodi disponibili sono occupati. Questo significa che dovrebbero esistere (o dovrebbero essere producibili nei grandi acceleratori) delle particelle ancora sconosciute con delle proprietà quantiche ben precise previste dalla teoria. Basta andare in un grande acceleratore (tipo il LHA a Ginevra), sparare qualche atomo ad energie semirelativistiche e vedere cosa ne esce fuori. Un gioco da ragazzi, Rubbia ha preso il Nobel scoprendo con questa tecnica il Bosone di Higgs.
Una delle cose interessanti relativamente alla teoria di Lisi è che, se la sua teoria si rivelasse funzionale, per la prima volta avremmo una teoria (exceptionaly simple, come dice nel suo lavoro) in gradi di superare il Modello Standard, la teoria che descrive con un unico formalismo tre delle quattro forze fondamentali della natura (interazione elettromagnetica, interazione nucleare debole ed interazione nucleare forte), includendo nel modello anche la quarta e più elusiva delle forze, la gravitazione.
Tutto questo è stato tirato fuori da un surfista spostato al di fuori dei normali circoli accademici. E' qualcosa che può succedere solo nel campo della fisica teorica e della matematica, dove una serata passata sdraiati su una spiaggia hawaiiana a rilassarsi e a ragionare è più proficua di mesi passati in ufficio. Ma è successo.
Tutto lascia prevedere che, con l'aumento della potenza computazionale disponibile a prezzi bassissimi, con le possibilità di comunicazione praticamente infinite rese disponibili da Internet e con la democratizzazione della conoscenza che diventa sempre di più un principio fondamentale mondiale figure come quella di Garrett Lisi diventeranno sempre più comuni, sempre più importanti. Confesso che non ho ancora letto le 31 pagine del lavoro di Lisi: ho letto la notizia stamattina e ho subito pensato a scriverci sopra qualcosa; mi sono limitato ad una veloce scorsa, ma a prima vista mi pare che il lavoro sia molto valido. Estremamente valido. Può darsi che venga falsificato da qualche esperimento - stranamente ho come un'intuizione per la quale credo che sarà difficile... - ma il suo significato sociologico è indubbio: dopo un secolo e mezzo di predominio assoluto della Big Science, dominata dalle grandi strutture accademiche, inondata dai fiumi di denaro provenienti dall'establishment e legata alle logiche di avanzamento delle Università, la scienza di alto livello si sta nuovamente democratizzando, lasciando spazio ai liberi pensatori, alla gente fuori dagli schemi... In parole povere proprio a quelli che hanno fatto avanzare a passi da gigante la nostra comprensione del mondo fino ai primi anni del secolo scorso.
Un gran bel risultato, che da solo ripaga completamente ogni penny investito nello sviluppo delle reti di comunicazione.

mercoledì 14 novembre 2007

Un paio di vecchie signore



Un paio di vecchie signore, catturate dalla reflex lungo le strade di Trastevere, qualche tempo fa. Non so se siano lì solo per attirare e deliziare i turisti, assetati di colore locale e di simboli caratteristici di una Roma ormai da tempo svanita.
Funzionano, forse, come cartoline, ma non mi interessa più di tanto. Le apprezzo, mi piacciono.
Salute a voi, e lunga vita lontano dal demolitore, vecchie signore!

domenica 11 novembre 2007

Un amico da lontano

Ieri, strano a dirsi, ho avuto una piacevolissima serata. Un "amico di forum" tedesco, Philip, è venuto in vacanza a Roma per qualche giorno. Ci siamo messi d'accordo e ci siamo incontrati verso le cinque de la tarde sulle scale del Palazzo delle Esposizioni a Roma... Abbiamo visto insieme la mostra su Stanley Kubrick (assolutamente meravigliosa!), abbiamo scambiato opinioni sulle rispettive esperienze, siamo andati a cena assieme. Lui (e la moglie) sono persone assolutamente squisite, ha confermato e superato le idee che avevo avuto conoscendolo dal forum...
E' ancora possibile avere piacevoli sorprese dall'umanità. Il mio cosmopolitismo è sempre più spinto... E non mi dispiace per niente.

domenica 4 novembre 2007

In cerca del Mediterraneo

Che fine ha fatto il Mediterraneo?
Son qui, in una calda serata di inizio Novembre e, stupidamente, me lo chiedo. Cosa diavolo è successo all'unica, vera base della nostra cultura?
Già, perché a volte lo dimentichiamo, ma la vera fonte della nostra cultura, del nostro sentire è in questo mare, in questa immensa, ma piccolissima, via di comunicazione assolutamente perfetta, un mare interno intorno al quale, oltre a nascere la civiltà così come noi la intendiamo, - e già forse questo è un segno già ben più significativo rispetto a quello che ci si potrebbe aspettare - si sono sviluppate le basi delle linee di pensiero che noi seguiamo.
Ramsete II, Mosé, Omero, Socrate, Alessandro Magno, Cesare, Gesù, Adriano, Giustiniano, Maometto, Abelardo, Federico II, Leonardo da Vinci, Michelangelo, Cervantés, Voltaire, Lagrange, Napoleone, Garibaldi... Potrei andare avanti per ore, se solo volessi fare sfoggio di erudizione. O potrei citare la gloria di Venezia, lo splendore di Bisanzio, la bellezza ultraterrena della Grecia Classica o quella ieratica dell'Egitto, la delicatezza della Spagna Moresca o il comopolitismo della Sicilia Normanna, l'eccitazione culturale della Firenze del Rinascimento o il sogno ribelle e maestoso della conquista Napoleonica...
Tutto ciò è avvenuto proprio qui, sule sponde del Mediterraneo.
O meglio, non sulle sponde del Mediterraneo così come noi lo conosciamo adesso, ma sulle sponde di quel mare che fu la via di comunicazione principe del mondo per millenni. La civiltà nacque, si trasmise e fiorì sulle sponde del nostro caldo mare interno, ramificandosi nelle vicinanze ma sempre basandosi sulla fittissima e continuamente cangiante, evolventesi rete di fibre nervose che si diramano da un porto all'altro.
Sono fibre composte da viaggiatori, volenti o nolenti. Curiosi, giovani tesi ad imparare qualunque cosa non si aspettano di incontrare, schiavi e schiave trascinati a forza dalle loro case, tirati per le loro membra verso un destino che non possono decidere, destinati - con o senza il loro assenso - a mescolare i loro geni, le loro culture, i loro linguaggi e le loro abitudini con le popolazioni sull'altra sponda del mare.
Prima dell'inglese c'era la lingua Franca, un pidgin composto da greco, latino, turco, arabo, italiano, francese, spagnolo, parole in dialetto magrebino e modi dire degli slavi del sud. Era parlato dai marinai di tutto il Mare Mediterraneo, il che significava più o meno tutto il mondo civilizzato dei tempi andati. Le idee si trasformavano in messaggi e libri che si diffondevano a velocità incredibili, portate dagli uomini e dalle donne che viaggiavano lungo le sue sponde e attraverso le sue acque rassicuranti. Prima ancora dell'invenzione della stampa i pensieri degli uomini erano uniti in un network di idee fitto e in evoluzione, in grado di inventare ed elaborare la gran parte delle idee che noi adesso riteniamo nostre.
Poi... Un paio di secoli fa tutto ha cominciato a cambiare molto rapidamente. Non fu una cosa brusca ed immediata, ma graduale, quasi impercettibile, non violenta - almeno per quanto riguarda la diffusione dell'idea, anche se quello che accadde durante il periodo di transizione è stato il più grande susseguirsi di massacri senza senso che la nostra storia ricordi - quanto sottile. A tutti gli effetti il Mediterraneo, inteso come via di comunicazione cosmopolita e incurante del linguaggio parlato, dotato di una cultura e di un sentire comune, passò di moda.
Il suo (o i suoi) assassino fu prima di tutto il Nazionalismo, che prima fece nascere il concetto di nazione, poi di popolo e infine dell'odio verso chi non parlava la nostra lingua e non aveva il nostro stesso luogo di nascita. Fu un vento violento, figlio incestuoso e non voluto del Romanticismo e della Rivoluzione Francese, un uragano che attraversò lentamente e pervasivamente tutta l'Europa, toccando il suo sanguinoso culmine nelle due Guerre Mondiali, per poi allontanarsi, lasciando le Grandi Ideologie, sue sorelle minori, ad occuparne il posto. Quando il vento del Nazionalismo arrivò sulle spndi orientali del Mediterraneo aveva già compiuto il suo misfatto, trasformando quella che era stata fino a quel momento la prima e più importante rete di comunicazione e di scambi del pianeta in un confine crudele, da attraversare solo con grande fatica per ritrovarsi, in ogni caso, in un ambiente ostile, straniero, stordente e difficile da comprendere. Lungi dall'essere quella madre accogliente che i nostri padri - o meglio i nostri bisnonni - conoscevano questo mare è diventato una barriera implacabile. Non sappiamo più cosa succede oltre la barriera azzurra. Mazara e Tunisi distano solo una notte di navigazione. Un tempo si sentivano le stesse parole in entrambe le città. Adesso coesistono solo le rispettive paure, come riflesse in uno specchio, ma identiche.
Siamo ancora uguali nei nostri pensieri. Solo che non ne siamo più consapevoli.

sabato 3 novembre 2007

Dread commerce city



Lunedì scorso Creme è venuto a suonare a Roma. La cosa è stata piacevole (diciamo la verità, ben più che piacevole... Almeno per me), ma per lui dev'esere stato più o meno un incubo. Mi spiego: un megacentro commerciale, un negozio FNAC sperduto al suo interno con al più qualche ragazzino che cercava la copia di Halo III per la sua XBox, un area incontri DESERTA. E quando dico deserta intendo proprio questo, visto che io ero praticamente l'unico pubblico che aveva. Creme, che nonostante tutto è una persona seria, ha suonato, impeccabilmente, magari senza dilungarsi troppo ma senza errori e divertito. Non ha nemmeno spezzato una corda (e per lui non è poco)
Roma, d'altronde, si è dimostrata ancora una volta quella fredda, stupida, metropoli senz'anima e senza lati positivi che è. Sono sempre più sicuro della mia idea di trovare qualche maniera di uscire da questa prigione... Amen.
Almeno, magra consolazione, ne è venuta fuori qualche foto decente...

domenica 28 ottobre 2007

Times they're a changing...

Ebbene si, i tempi cambiano. Sono diventato il possessore di un nuovo, brillante, scintillante, metallico, ultrapompato MacBook Pro.
Anch'io mi sono piegato... Leopard mi ha convinto.
Cosa devo dire? Sono al primo giorno con il nuovo bambino, e devo dire che je fumano, e mica poco. Hardware di classe (si adatta bene alla mia anima snob), software semplicemente perfetto, giusto un paio di quirks dovuti probabilmente al fatto che il sistema operativo ha appena tre giorni...
A malincuore, a denti stretti, e con un sorriso obliquo sono costretto a dire... "bravo, Steve Jobs"!

lunedì 8 ottobre 2007

Un segnale dalla terra degli insoddisfatti...

Giusto una rapida nota... Sono ancora qui.
Ho finito i libri sulla storia della bomba atomica (e H), ma non ho avuto ancora il coraggio di addentare Snowcrash. Lo farò. A breve.
Ho tante cose che mi frullano per la testa, basta solo trovare il tempo (mentale e fisico) per buttarle giù, ma è un po' dura... Chissà, magari ci riuscirò!

Troverò il tempo anche per fotografare, per coltivare i miei molteplici (troppi) interessi. Troverò anche qualcuno con cui parlarne, troverò qualcuno che mi vuole bene giusto per quello che sono, troverò la calma e la tranquillità, troverò un posto dove non abbia un brivido lungo la schiena ogni volta che esco a comprare qualcosa, dove le ragazze sorridono e il sole splende senza che l'aria sia oppressiva, dove potrò stendermi su un prato, guardare le nuvole, fare un respiro profondo e semplicemente sorridere come Noodles alla fine di C'era una volta in America, non necessariamente gonfio di oppio.

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sabato 22 settembre 2007

Timidezza


La timidezza non è uno dei comportamenti più adeguati per un fotografo. Assolutamente. Bisogna, almeno secondo la mia modesta opinione, essere un po' spregiudicati, tranquilli, rilassati e non intimoriti dal parlare con le persone.
Certo, in studio e/o con modelle/i consenzienti è tutto più facile, ma quando si è per strada diventa tutto un po' più difficile.
Ieri ero alla chiesa del Giubileo (o di Dio Padre Misericordioso) al quartiere di Tor Tre Teste, Roma. Una costruzione moderna di Richard Meier. Ora, Meier non mi entusiasma e la chiesa mi ha deluso, non tanto come costruzione quanto come chiesa: è un bell'edificio, ma secondo me le chiese devono tuttora esprimere spiritualità e raccoglimento, non essere dei monumenti immensi alla grandezza (?) di chi le ha progettate. Non principalmente, almeno, visto che poi alla fine Notre Dame ci trasmette non solo la gloria divina (per chi ci crede) ma anche la gloria di chi l'ha costruita, pietra dopo pietra, vetrata dopo vetrata.
Questa chiesa, invece, scade un po' sul lato della gloria divina... E' un bel monumento a Meier, ma c'è poco Dio in essa. Di certo migliore dell'altra opera di Meier che "decora" Roma, e cioè l'Ara Pacis.
Ero lì, verso il tramonto. C'era una bella luce, dei ragazzini giocavano a pallone davanti alla chiesa, tutti gli ingredienti per alcune belle foto. Ho cominciato a scattare ma...
Ero frettoloso. Avevo quasi paura che i ragazzini fossero urtati dal fatto di essere fotografati. Qui in Italia, e a Roma particolarmente, c'è una vera e propria paranoia riguardo all'essere fotografati, e mi aspettavo da un momento all'altro una reprimenda (o peggio) che venisse da qualcuno dei presenti, fossero i ragazzini o qualche adulto nelle vicinanze. Non ho parlato, timoroso forse di una risposta negativa, solo qualche scatto in fretta. Non mi sono nemmeno fermato a montare il flash, e quindi ho perso una grande occasione.
Perché i ragazzini continuavano a giocare davanti a me incuranti delle fotografie, perché la luce era veramente bella e perché la chiesa di Meier era un gran bello sfondo. Avessi avuto il flash per illuminare decentemente i ragazzini in primo piano sarebbero venute fuori delle grandi foto, molto belle e comunicative. Invece ne è venuta fuori giusto una decente, sulla quale dovrò lavorare ancora un bel po' prima di decidere se tenerla o buttarla. Col flash sarebbe stata perfetta, così è giusto decente.
Non bisogna essere timidi... Si perdono solo occasioni.
Non solo in fotografia.

mercoledì 19 settembre 2007

E un altro mugshot...


Un altro mugshot, inteso, stavolta, proprio come foto segnaletica...
Degno di essere arrestato, visto come appaio in questa foto!
Stavo semplicemente provando un nuovo cavalletto che ho comprato... Con una posa da 10" - e infatti è venuta un po' mossa - però è carino il look da criminale degno di essere messo in galera. Gettate la chiave, portatemi le sigarette e tanti, tanti libri...

martedì 18 settembre 2007

Segnali di vita?

No, non sono morto.
Sono solo "short on time"...
Problemi vari (tutti piccoli ed insignificanti, senza senso, maleodoranti di banalità) che occupano quasi tutto il mio tempo, e quando ho qualche minuto libero mi lancio imperterrito nella lettura. Ho avuto la sfortuna di avere una coda di lettura stracolma di libri veramente molto interessanti... Dopo essermi pasciuto di 900 e più pagine di storia della Bomba Atomica sto affondando i denti in 530 pagine di storia della bomba all'idrogeno (stesso autore, il logico seguito, ancora ottima prosa per una storia molto meno conosciuta di quanto lo sia il progetto Manhattan).
E c'è Snowcrash di Neal Stephenson che mi fa l'occhiolino dal comodino, con un sorriso da gatto del Chesire, pronto a riversare le sue 400 e più pagine nelle mie stanche, poco scattanti, meningi.
Finisco per rimanere a leggere, gli occhi rossi che si sforzano disperatamente di rimanere aperti, fino all'una, l'una e mezza di notte, in questo caldo settembrino che mi avvolge con le sue dita umide e appiccicose. E la mattina alle sei - con la degna collaborazione di un gatto convinto di essere un grande cacciatore ma che in realtà getta il disonore su tutto il genere felino - la sveglia suona, imponendomi il duro ritmo dell'alzati-fai la doccia-vestiti-entra in macchina-buttati nel traffico-sopravvivi al traffico-arriva al lavoro... Alle sette mezzo devo già avere un cervello in grado di funzionare, un orecchio in grado di ascoltare, un cuore in grado di non esplodere in escandescenze ma di pazientare, pazientare e, quando non basta, stringere i denti e pazientare ancora.
Poco sonno, lavoro stressante ed inutile, vita privata quasi inesistente, letture non condivisibili se non con qualche pazzo con gli stessi interessi. Non è un buon seme per scrivere qualcosa d'interessante. Così, con dispiacere, evito di scrivere banalità, tranne in questo caso, dove ho semplicemente dato un segno.

Sono ancora vivo.
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Now playing: The Kennedys - A Hard Rain's A-Gonna Fall
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sabato 8 settembre 2007

Ancora in malattia...

Siamo passati di grado: bronchite e febbre a 38. Non mi schianto su un letto, ma non scrivo certo il Dottor Jekyll...
Sto, invece, approfittando della forzata inattività (sono rincoglionito come pochi) per divorare un libro, The Making Of Atomic Bomb, di ottima fattura (ha vinto il Pulitzer, vorrei ben vedere).
Un mattone che anche nell'edizione paperback è in grado di trasformarsi in arma impropria...
L'ho ricevuto qualche giorno fa da Amazon, e anche la dogana deve aver pensato tutto il male possibile del mattone in questione, visto che il pacco mi è arrivato semidistrutto da loro (fortunatamente i libri sono duri da rovinare, ma ci è mancato poco).
Penseranno forse che sono un futuro terrorista, membro di Al-Queda (P.S. Ma come cazzo si scrive???)? Certo, alla fine saprò tutto su come si costruisce una bomba atomica (oltre ad aver letto la fantastica storia di come si arrivò alla sua invenzione, in cinquant'anni straordinari di fisica stellare e con protagonisti assolutamente eccezionali).
Ma...
1) So già benissimo come si fa.
2) Se qualcuno vuole avere delle informazioni più precise, basta che si rivolga a questo sito. Dice tutto.

Comunque, per la cronaca se siete dei terroristi nucleari in erba sappiate che:
  • Il primo problema sono i detonatori (che devono essere sincroni al massimo) e la forma e la composizione degli esplosivi convenzionali per far collassare il materiale fissile in una massa critica.
  • Reperire il materiale fissile è una tragedia, ma non così difficile. Il problema è che ce ne vuole un bel po'.
  • Non puntate nemmeno ad una bomba all'idrogeno o anche una semplice bomba a fissione boosted. I conti sono un casino. Tanto con una semplice bomba a fissione si arriva anche a trenta-quaranta kiloton senza troppa fatica, più che sufficienti per combinare un bel casino.
Ma avrò il telefono sotto controllo adesso? Il mio blog sarà controllato tutti i giorni da qualche analista dell'NSA? Sarò classificato come potenziale terrorista?
Mi sa che la febbre si sta alzando, sto per cominciare a delirare...

venerdì 7 settembre 2007

Raffreddado

Sono raffreddato. Da quattro anni a questa parte, ogni settembre, mi massacro con un raffreddore di dimensioni titaniche. Quattro anni fa (appunto) esagerai e mi beccai una polmonite. Che palle...
L'attività cerebrale si riduce al minimo, sono rincoglionito tutto il tempo.
La leggenda dice che Robert Louis Stevenson, in una settimana di malattia, scrisse Lo strano caso del Dottor Jekyll e di Mister Hyde. Io a malapena riesco a trascinarmi in giro e scrivere quattro stronzate.
L'unico periodo produttivo, durante i miei September Colds, è stato un anno fa, a Malta... Ma era un altro posto, un'altra storia.
Degna di essere raccontata.
Ma non adesso.

lunedì 3 settembre 2007

Donne che si spogliano su Internet

Ora, se questo post non mi fa schizzare in alto i contatti, con un titolo del genere...
Mi dispiace, ma niente foto. Nemmeno storie piccanti. Al massimo qualche parolaccia, ma le parolacce non fanno "audience", al massimo fanno scoppiare la peste...
Ieri sera ho visto le prime due puntate di Heroes. Gran bella serie, non c'è che dire. Certo, gli sceneggiatori dei telefilm americano, dopo il megasuccesso planetario di Lost, hanno il viziaccio di sparare misteri come se fossero noccioline, riservandosi di risolverli alla terza o quarta serie (cavoli nostri se poi il telefilm viene cancellato). Alcune "regole" politically correct vanno sempre rispettate (multietnicità salvaguardata, ma il 90% dell'azione è sempre negli U.S.A.), alla fine si tratta pur sempre di televisione, non di Proust.
La cosa che mi ha colpito, veramente colpito, è che una delle protagoniste della serie fa di professione la spogliarellista su Internet. Non che sia strano, deve essere una professione alquanto diffusa, almeno a giudicare dalla quantita di belle fanciulle ignude in giro sulla rete. Quello che mi ha colpito è che, tra tutti i personaggi, è quella che vive peggio la sua vita: ha debiti che non può pagare, odia i suoi "clienti", si sente ultrasfruttata, ha un doppio incazzato come una biscia che appena può esce fuori e fa stragi multiple. Insomma, l'archetipo femminista della prostituta sfruttata.
Parlaimoci chiaro: quello che dirò adesso susciterà un bel po' di polemiche (magari, mi leggete in due giusto perché ogni tanto vi allungo qualche €...).
Non m'è piaciuta quella caratterizzazione. No, anzi, mi ha proprio urtato. Fa parte del messaggio urlato, gridato, sottilmente mormorato, onnipresente che la pornografia (intesa come rappresentazione di corpi o atti sessuali tesi ad ottenere l'eccitazione del fruitore dell'opera) è MALE, che tutti coloro che sono oggetto della pornografia sono dei poveracci disperati (si, anche i maschietti. Perché si parla sempre e solo delle femminucce? Magari anche gli attori maschi hanno qualche problema... Il fatto che le donne siano sempre presentate come sfruttate e gli uomini come sfruttatori è una velata forma di maschilismo.), tossici se possibile, quasi sicuramente con malattie impronunciabili e così via.
Non sono, non posso essere d'accordo. Sono certo che ci siano delle persone sfruttate e trattate come zerbini. Probabilmente sono anche tante. Ma, e c'è sempre un ma, ci sono anche situazioni diverse. Ci sono "lavoratori del sesso" che lo fanno per passione, eccitazione, brivido, soldi (senza per questo essere dei disperati). Ci sono, ne sono certo, persone fantastiche e simpatiche, ci sono persone che lo fanno anche solo per fierezza del proprio corpo (quante donne sono così esaltate dalla loro bellezza dall'essere tentate di mostrarla a più persone possibile?).
Pensate un po', sono convinto che ci siano persone che lo fanno addirittura come una forma d'arte. E che sono contente e fiere di ciò che fanno.
Eppure bisogna sempre presentare i "lavoratori del sesso" come degli sbandati, disperati, sfruttati, malati...
Fa parte del codice non scritto di Hollywood? Come i fumatori che sono sempre cattivi (quando ci sono)? Se è così noi stessi abbiamo adottato questo stesso punto di vista, anche negli esempi italiani quando si parla di "donne nude" si arriva sempre allo sfruttamento, alla perversione. Mai una volta che si raffigurino questi personaggi come persone più o meno normali a cui piace spogliarsi di fronte a tanta gente o fare sesso di fronte a un pubblico.
Non so perché, ma la cosa mi ha disturbato. Profondamente.
Forse questo pensiero mi si è originato perché, da un anno a questa parte, sto profondamente rivisitando i miei pregiudizi. Uno di quelli più forti che avevo, quello verso i tedeschi, mi è miseramente crollato... Mi è bastato parlarci, conoscerli di persona, scambiare esperienze. Comincio ad avere un pregiudizio verso i pregiudizi (sembra una contraddizione in termini, in realtà è un metapregiudizio, quindi ancora più complicato. Semanticamente è una figata).
Sono una persona aperta, tento di ascoltare le opinioni degli altri. Tendo ad accettare qualunque stile di vita, senza pormi troppe domande, a meno che non provochi del male agli altri. E soprattutto non riesco a capire perché una ragazza che si faccia fare un servizio fotografico con solo i suoi tatuaggi addosso debba essere considerata una troia mentre un soldato delle forze speciali che candidamente racconta di come ha tagliato la gola a una cinquantina di persone debba essere un eroe.
Io voto per le donne nude.

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Now playing: Jeff Buckley - Hallelujah
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giovedì 30 agosto 2007

In un giorno di pioggia

Ovvero... Come trasformare un mood particolarmente negativo in un post decente (almeno spero).
Piove. Non la pioggia d'Irlanda (alla faccia dei Modena), che è qualcosa che esalta, rende creativi, ti fa vedere il volto di Dio anche se non ci credi. E' la pioggerellina sporca e ignobile di Roma, in un caldo che scopre i nervi e li tocca con scariche elettriche. Ieri mi si è scassata la macchina. Pazienza. Non voglio essere negativo.
Oggi è una giornata da chiudere gli occhi, respirare a fondo, far partire la fantasia e far nascere storie.

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Now playing: Modena City Ramblers - In un giorno di pioggia
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mercoledì 29 agosto 2007

La forza degli antenati (parte I°)


Questa vorrebbe essere la prima di una lunga serie. Spero, per una volta, di essere costante.

Mio nonno è morto quando avevo quindici anni. E' stato una delle persone più importanti nella mia vita. Mi voleva bene, aveva una grande considerazione per me, mi ha sempre dato retta. Mi sedevo sulle sue ginocchia da piccolo e lui mi raccontava le sue storie: di quand'era giovane, di quando aveva fatto la campagna di Russia, di quando fu preso prigioniero dai tedeschi dopo l'8 settembre, dei due anni di prigionia in Germania (mi ha trasmesso un senso di repulsione per i tedeschi che solo una serie fortunata di avvenimenti negli ultimi tempi mi ha ribaltato... Ci sono quasi rimasto male, era l'unico vero pregiudizio che avevo).
Mi ha lasciato un diario, scritto con mezzi di fortuna durante la prigionia, struggente, intenso, duro da leggere, particolare.
Tempo addietro, in un mood strano, feci una fotografia (una foto che amo particolarmente) per celebrarlo. La inserisco qui, nel blog, come omaggio a lui. Spero di poterne parlare di più, non appena avrò tempo.
Ti voglio bene, nonno, mi manchi tantissimo.
Quest'anno avrebbe fatto cent'anni.


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Now playing: Lou Reed - Berlin
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lunedì 27 agosto 2007

La sindrome del buon samaritano

Premetto che non mi piace molto parlare del mio lavoro.
Faccio un lavoro che non mi piace, molto stressante, a volte colmo di responsabilità.
Sono scioccato dal fatto che alla fine mi occupo di "niente", vale a dire di sistemi (ahinoi) informatici dediti all'espletamento di formalità burocratiche... Una palla.
Come dico spesso parlando del mio lavoro "c'è e mi da da mangiare". E' il meglio che possa dirne.
Un sacco di gente, nell'ambiente, lo prende seriamente. Io, a dire il vero, non ci riesco. Per niente. Non è un pronto soccorso, se sbagliamo tutto non muore nessuno, non c'è da preoccuparsi. Invece un sacco di gente che lavora con me è convinta che sia tutto serio...
Parliamoci chiaro, sono tutte stronzate.
Però, purtroppo, soffro disperatamente della sindrome del buon Samaritano: ogni volta che qualcuno viene da me con qualche problema mi ci dedico al massimo, impegnandomi, incazzandomici, cercando di risolvere il problema in tutte le maniere.
Sono sincero: a me, del problema, di solito non me ne frega niente. Spesso non è neanche "di mia competenza" (chiunque abbia lavorato anche solo per cinque minuti nelle burocrazie conosce questa frase magica). Però ci lavoro. E a volte trovo anche la soluzione. Non sopporto di vedere le persone che ne soffrono.
Peccato che così il buon samaritano in questione non abbia mai tempo per pensare a se stesso, ai suoi hobby, ai suoi interessi, spesso anche alla parte di lavoro che gli compete; diventa un a vera e propria tortura, un rincorrere le cose da fare arrivando alla fine della giornata così stanco, sia mentalmente che fisicamente, che non c'è più altro da fare che stravaccarsi su un divano e spegnere il cervello, per dare un po' di riposo ai poveri neuroni usurati dal doversi concentrare sulle stupidaggini.
E' un problema caratteriale, me ne rendo conto, un grave problema caratteriale. Oltretutto è un po' troppo che vado avanti in questa maniera, sta per diventare un'abitudine talmente radicata che temo stia diventando permanente. Faccio sempre più fatica a prendere in mano la macchina fotografica, a scrivere qualcosa, a prendere la chitarra giusto per strimpellare due accordi inutili.
Dovrò inventare qualcosa per uscirne fuori.
Oggi volevo scrivere qualcosa a cui tengo molto, un racconto su di una persona molto importante. Non riesco, il telefono squilla in continuazione e riesco solo a scrivere questo sfogo. Uno sfogo inutile.
Proverò a scrivere il vero post di oggi più tardi.
Se non lo troverete scritto qui non sarà una sconfitta, ma una ritirata strategica.
Pia illusione...
Piccolo ed inutile poscritto: combattere una battaglia del genere da soli non aiuta... Ma piangersi addosso nemmeno.

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Now playing: The Kennedys - A Hard Rain's A-Gonna Fall
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venerdì 24 agosto 2007

Cronaca di uno stupido incidente.

Prima o poi doveva succedere.
Diventare parte di una statistica. Il mio incubo...
Un po' d'ordine? Magari è meglio...
E' stato un bel po' di anni fa. Quasi dieci, se non ricordo male. Ero in uno dei miei (brevi) periodi stanziali nella mia città natale, la ridente (all'epoca aveva un po' più da ridere di adesso) cittadina costiera di Brindisi. Possedevo, per una serie di fortunate circostanze, una vecchia Ford Fiesta nera, un po' scassata, ma con il tetto apribile. Una figata, oltretutto era la mia prima macchina... Si sa, la prima macchina non si scorda, si ama. So a memoria la targa: BR334430. Potrei anche fare come Johnny Depp e tatuarmela sulla spalla, BR334430 forever. Lui però è stato più banale, l'ha fatto per una donna (che donna però...).
Insomma, avevo 'sta macchina. E ci giravo sempre, in qualunque condizione psicofisica. Dieci anni fa ero immortale, quindi concetti come "incidente" o "abuso di alcool e droghe" non sfioravano minimamente la mia testa.
Ogni persona si ritiene sempre il "miglior guidatore sbronzo della terra", è quasi una legge di natura. Fino a che non si diventa quanto di più simile ad una decalcomania su di un muro che si possa immaginare.
Venne una sera d'estate. Una di quelle sere in cui fa caldo, abbastanza caldo da poter andare in giro in mezze maniche, ma non tanto caldo da boccheggiare in un angolo e non potersi muovere. Il passaparola tra amici aveva funzionato, andando a pieno regime: c'era questa festa, prezzo d'ingresso modico, buona musica, poco fuori città, ci andavano tutti. Jeans neri, camicia di seta nera (una sciccheria che amavo quasi come BR334430), salto in macchina e ci vado.
E' vero, ci sono proprio tutti. Anche lei, per la quale all'epoca perdevo il sonno e sarei stato pronto a sfidare draghi, traversare montagne e combattere guerre (l'avrei fatto, ma questa è un'altra storia...).
Con gli amici ci si intruppa subito, bevo un bicchiere, ci si deve lubrificare. Si ride, si scherza. Qualcuno tira fuori una canna, la prima della serata. Perfetto, è un posto tranquillo, si sta bene, due, tre tiri e via, niente di eccessivo. Un altro bicchiere. Parlo con lei, un lungo discorso con il sorriso stampato sulla faccia. Lei non sembra molto interessata a me quella sera. Un amico mi chiama. Mi porta in un angolo appartato della masseria dove si sta facendo la festa. Il posto è tranquillo, ma quando qualcuno tira fuori una strisciolina di polverina candida come la neve capisco che si, forse è meglio appartarsi. Tiro su col naso, il sapore di medicina mi invade e mi si anestetizza la bocca. Mi prudono i denti.
Arriva una canna, mezza erba, mezza polverina bianca. Tiro profondamente, poi la passo. Mi fa venire sete. Vado al banco degli alcoolici e prendo da bere, qualcosa di dissetante, del succo d'arancia. Con vodka. No, diamo a Cesare quel che è di Cesare: vodka, tanta vodka, con un po' di succo d'arancia. Va giù in due sorsi, merito della candida signora. Il cervello comincia ad essere molto, molto lubrificato. Riparlo con lei.
Lei continua a non cagarmi minimamente, ma la neve che è scesa tranquilla sulle mie sinapsi è un ottimo filtro attraverso cui vedere la realtà, mi pare che sia molto, molto interessata. Dentro di me sorrido, mi sento da Dio.
Mi sento lucido, mai sentito così lucido.
Perché è una caratteristica di quando butti giù tanta di quella roba di tipo diverso: il cervello comincia ad oscillare da una parte e dall'altra, ti rendi conto che stai allontanandoti dalla realtà sempre di più, fino a che lo stonamento, montando sempre di più, raggiunge proprio quel gruppo di cellule cerebrali deputato proprio a capire quanto si è stonati. Vanno in tilt anche loro e in quel momento ti convinci di essere lucido. Ma non è vero, è solo che sei così fuori che non ti rendi nemmeno conto di essere fuori.
La festa va avanti così: buona musica, atmosfera tranquilla, posto splendido, qualche altra canna che gira, uno o due altri tiretti, giusto per mantenere alta l'attenzione, molto alcool, perché fa caldo e la sete impazza. Poi la gente comincia ad andare via, lei già non c'è più, sono convinto che la serata sia andata bene, in realtà mi ha considerato meno di una caccola, ma la magia di alcool e droghe è questa dopotutto...
Forse è ora di andare. Ce ne stiamo andando tutti, praticamente la festa è finita. Salgo su BR334430, l'accendo. Lei aveva un piccolo difetto, le avevano smontato la radio, era rimasto un buco nel cruscotto con dietro una lampadina fastidiosissima. In un impeto di genialità, invece di coprire quel buco con un bel pezzo di plastica, ci avevo messo della roba traslucida rossa, la luce all'interno dell'abitacolo dava un po' sullo Star Trek, fichissimo.
Parto e mi avvio verso casa.
Sono lucidissimo, penso, e fa caldo, niente aria condizionata su BR334430, quindi il finestrino del guidatore è aperto. Non pesto nemmeno sull'acceleratore. Almeno credo.
Il foglio di plastica rossa che è davanti alla lucetta nel cruscotto si sposta, l'improvvisa luminosità nell'abitacolo mi ferisce gli occhi, mi piego per rimetterla a posto.
Parliamoci chiaro: non ho la minima idea di quello che succede. Mi hanno raccontato che BR334430 ha sbandato, ha urtato un paletto ai bordi della strada ed ha cominciato a roteare, cappottando due o tre volte. Mi hanno detto che è stata una scena da incubo.
Da dentro è solo incredibilmente, terribilmente strano. Sento BR334430 spinta da accelerazioni contrastanti, vedo il mondo in piccoli dettagli muoversi in maniera assurda mentre il senso dell'equilibrio, molto semplicemente, da forfait, rinunciando a mandare informazioni.
Quando l'universo si ferma faccio un respiro profondo. Il cervello riprende a lavorare. I pensieri arrivano uno dopo l'altro, in rigido ordine.
Prima consapevolezza: mi sono schiantato.
Seconda consapevolezza: sono vivo. Un'ondata di piacere mi arriva al cervello.
Terza consapevolezza: muovo le gambe, non sembrano nemmeno farmi male. E vai...
Quarta consapevolezza: non sento dolore, ma allo stesso tempo mi pare di riuscire a muovere ogni parte del corpo. Un sorriso mi appare in faccia, mi rendo conto che mi è andata molto, molto bene. BR334430 si è fermata nell'orientamento giusto, il tetto dell'abitacolo è dove deve essere, sopra di me, il parabrezza è una ragnatela di crepe ma è ancora lì. Con un po' di fortuna non mi sono fatto proprio niente.
Sento qualcosa di umido scorrermi sulla faccia. Mi tocco la fronte, vedo che la mano è imbrattata di sangue. La testa non mi fa male, ma capisco che ho battuto sul parabrezza, parte del suo vetro è ora parte di me, la fronte deve essere simile ad un hamburger crudo. La portiera si apre con facilità, esco.
Una macchina si ferma subito dietro di me: sono alcuni dei miei amici che erano con me alla festa, hanno visto tutto, sono loro che mi racconteranno in seguito cosa è successo. Sono terrorizzati, molto più di me, non pensavano di vedermi uscire con le mie gambe da BR334430. Invece vedono la portiera aprirsi ed io che esco, apparentemente anche abbastanza allegro. Però, illuminato solo dai fari della loro macchina, ho il volto che sembra la pubblicità di un film splatter di quart'ordine, sangue ovunque.
Ennesimo colpo di fortuna: uno degli occupanti della macchina che mi seguiva è una mia amica che si è appena diplomata infermiera. Mi si avvicina, mi tasta un po' dappertutto. "Fa male?" "No." "E qui?" "Nemmeno".
Mi strappa la camicia per farne delle bende. In un primo momento protesto: "E' di seta, e ci tengo a questa camicia!" "Ma hai visto com'è ridotta?"
La manica sinistra è a brandelli. Era il braccio che era fuori dal finestrino. Dio solo sa quanto sono stato fortunato, secondo ogni logica mentre BR334430 faceva il suo balletto sulla strada mi si sarebbe dovuto strappare dal corpo, invece, grazie non so a quale colpo di fortuna, l'asfalto si è limitato a grattuggiare completamente la manica della camicia senza che io avessi un graffio.
Sono stato più che fortunato. Sono stato miracolato.
Il resto è una corsa in ospedale, una telefonata a casa "Ma no, devi chiamare tu, non possiamo chiamare noi, altrimenti ai tuoi viene un infarto". Due TAC, niente di rotto. Un'ora con un medico che con una pinzetta tira fuori i pezzi del parabrezza dalla mia fronte, con scarsi risultati. Gli ultimi usciranno fuori da soli tre anni dopo, ho ancora la fronte che è una ragnatela di cicatrici. Dopo un giorno in osservazione firmo ed esco dall'ospedale, non ce la faccio più.
BR334430 è ridotta molto peggio di me. La carrozzeria è un coacervo di botte, il telaio è piegato. Logica vorrebbe che la buttassi via, ma in qualche maniera la salvano. Non sarà mai più quella di prima è rimarrà per sempre pericolosa da guidare, anche se col tempo imparerò a conoscere le sue nuove tendenze, lo sterzo impreciso, gli scarti da cavallo imbizzarrito che ogni tanto la prendono. Ritornerà a fare i 130 all'ora, anche se chiunque penserebbe che è da folli portarla a quella velocità.
In fondo sono stato veramente, veramente fortunato. Sono vivo.
Non sono riuscito a demolire BR334430 per un sacco di tempo. Mi sono deciso solo l'anno scorso. Però ancora mi manca.

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Now playing: Frank Sinatra - Fly Me To The Moon (In Other Words) (with Count Basie And Orch)
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giovedì 23 agosto 2007

Lavori d'agosto

Oggi parlo di lavoro. Non che mi piaccia farlo, il mio lavoro, come ho scritto da qualche altra parte, in questo momento ha giusto le caratteristiche di "esserci e darmi da mangiare", oltre a impegnare gran parte della mia giornata da sveglio... Ahem, "alzato dal letto" sarebbe una definizione più esatta, cerco di dormire anche quando sono davanti ad un computer a far girare dati.
Però oggi riflettevo. Non nel senso che avevo degli occhiali a specchio - è una pessima battuta, merito la fustigazione - ma nel senso che ho acceso un paio di cellule cerebrali giusto per fare qualche riflessione oziosa.
L'Italia sta tentando di diventare una nazione civile. Almeno a parole. Almeno per scena. Non che ci si riesca molto, ma almeno ci stiamo provando.
Questo fa sì che, a differenza degli anni passati, per alcuni agosto non è un periodo letargico, inutile ed indifferente nel quale, a meno che non si sia nel campo del turismo, la regola è non si fa un cazzo. Tutt'altro: molti di noi sono sul posto di lavoro, "attenti e vigili e pronti alla bisogna"... Che non arriva mai.
Chi ha letto altri post di questo blog sa che molto spesso ho lo stesso stato d'animo del tenente Drogo ne Il deserto dei Tartari, essendo tra l'altro molto vicino a perdere la brocca proprio come lui. Ma in quest'agosto sonnacchioso ed inutile la sensazione sta assumendo livelli preoccupanti, giungendo ad occupare una porzione preccupantemente ampia dello scarso spazio cerebrale a disposizione.
Cosa possiamo fare? La risposta a molte delle domande lavorative che pongo è "ne riparliamo a settembre", "tanto è agosto", "non c'è nessuno, sono tutti in ferie".
No, l'Italia continua ad essere un paese in cui ad agosto si è chiusi per ferie, anche se tentiamo di dare un'impressione diversa. Perché d'altronde non dovrebbe essere così? In fondo ad agosto il sole picchia (ma quando mai... In realtà agosto è diventato l'inizio della stagione delle piogge), siamo tutti svogliati, ci limitiamo alle granite di caffé con panna, allo stare in piazzetta a guardare le ragazze poco vestite che passano (magari...) o col culo a mollo, illudendoci di divertirci.
Non è così. Anche ad agosto la gente nasce e, purtroppo, muore, a volte in maniere molto più idiote ed inutili che nel resto dell'anno. E' un mese come tutti gli altri, certo, etichettato come "di vacanza" da migliaia di anni, ma in ogni caso da affrontare come tutti gli altri.
Anche se, come si può facilmente capire da questo post sconclusionato, anche il mio cervello è abbastanza in vacanza...


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martedì 21 agosto 2007

Confini

I confini sono posti un po' particolari. Sono dei limiti, dei bordi, delle interfacce tra qualcosa di diverso. I confini umani sono affascinanti, soprattutto quando coincidono con quelli culturali.
Ho avuto la fortuna di nascere e crescere, per la prima parte della mia vita, in un posto del genere. Un porto, "proiettato tra oriente ed occidente", come dice la pubblicità dell'azienda di soggiorno e di turismo. Un posto dove, passeggiando per il corso (è pur sempre una cittadina meridionale, lo struscio è attività mandatoria), si possono leggere insegne in italiano, greco, albanese, turco. Un posto di passaggio, dove però sono passati in tanti, dal mitico Diomede a Gandhi. Li abbiamo mantenuti tutti nella memoria, in un angolino, cercando di dimenticarli alla prima buona occasione... ;)
La mentalità che c'è in un confine è diversa da quella di tutti gli altri posti. Può svilupparsi in due diverse direzioni. Una è quella classica del confine assediato, della fortezza. Un po' da Deserto dei Tartari di Buzzati, con il terrore del nemico che possa venire dall'altra parte da un momento all'altro. Ho trovato questo confine nel sud del New Mexico, ad esempio, con i rangers forniti di Rayban a specchio regolamentari e fucili a pompa che guardavano di traverso tutti i chicanos. Non è un confine che mi piace, anche se di solito è una creazione artificiale, voluta da gente impaurita e che dura poco, per essere a volte abbattuta in maniera fragorosa e repentina.
Il vero confine, quello naturale, è qualcosa di ben diverso. Tanto per cominciare è un'interfaccia fluida e mobile, instabile, non ben definita. Viaggi e ad un certo punto ti ritrovi in una zona indefinita, dove non sei né nel posto da cui vieni né nel posto in cui stai andando, ma in-between, in transito, all'interno di una membrana osmotica e permeabile dove due o più culture si mescolano.
Da questa mescolanza nasce qualcosa di strano, di superiore alla semplice somma delle due parti. Gli abitanti dei confini sono naturalmente proni ad accettare qualunque stranezza, sia tra la gente che si muove nelle loro terre che al loro stesso interno, sviluppando spesso tradizioni particolari, spesso profonde e antiche quanto mutevoli ed instabili, sempre attuali perché per loro natura adattabili.
E' il mio ambiente naturale, l'ambiente in cui mi trovo bene, quello in cui girando l'angolo puoi trovarti indifferentemente in una cattedrale di vetro e cemento dedicata al dio denaro, in una moschea di fango, in un bazaar dai banchi di canne dove si vendono giocattoli cinesi illegali, in una strada stretta dalle pareti bianche con donne vestite di nero sedute fuori dalla porta a prendere un po' di fresco.
Dispiace dirlo, ma mi trovo a vivere, da dieci anni ormai, in una città che è l'esatto contrario di un confine. Roma non è una città dove si passa, è una città dove si arriva, un posto senza alcuna vera storia e tradizione che non sia estremamente remota, un buco nero che tutto assorbe, tutto tritura e trasforma in un misto tritato che è il romano: cinico, cialtrone, intriso di un aria di superiorità assolutamente ingiustificata, impossibilitato ad esprimere alcuna forma di creatività. Un posto dove non c'è mescolanza di culture, in realtà, a parte quella che qualche poveraccio sta tentando di creare. Ma, si sa, la città non reagisce, beandosi dei suoi duemila anni di storia e cinque minuti di futuro, in un presente assente. Roma non è terra di confine né mai lo sarà, per quanto ci provi. E' solo un punto di arrivo, uno dei tanti, dove una buona idea viene accolta semplicemente con un'alzata di spalle ed uno sguardo compiacente ed ironico.
Voglio tornare a sognare, voglio tornare in un posto dove almento due mari, due terre diverse siano a portata d'occhio.


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