venerdì 29 febbraio 2008

Una noiosissima foto...


...di un gatto nero, appropriatissima per il giorno più funesto dell'anno bisesto e, quindi, dì per se già anno funesto. Non parlo più, e per una volta lascio che sia la foto a parlare...



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Now playing: Ry Cooder - Cat and Mouse
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lunedì 25 febbraio 2008

Strani attrattori

Ormai dovrebbe esser ben chiaro ai miei cinque lettori di manzoniana memoria che c'è qualcosa che non va. Sono depresso, stanco, sempre deconcentrato, ansioso. Non so nemmeno perché. Lavoro male, poco, non sono soddisfatto di quello che faccio. Non riesco ad interessarmi facilmente a niente, sto lentamente disseccando i miei molteplici interessi, limitandomi ad un "continuare" senza molto senso.
Da buon vigliacco tento di immaginare una via d'uscita, non un sidestep, almeno spero, ma una maniera per "disincastrarmi" da questa situazione noiosa e preoccupante.
Il mio cervellino malato ha partorito un'idea perversa, che forse potrebbe essere una soluzione: prendo un aereo, vado in Montana e rimango lì per tre settimane, in giro per le Badlands, a "cercare me stesso"... A due passi da Yellowstone. Magari invece di me stesso trovo l'orso Yoghi.
Chi lo sa, con Theodore Roosvelt ha funzionato (ma lui ci è rimasto per ben più di tre settimane). Magari funziona anche con me. Magari riesco addirittura a scrivere qualcosa di decente, che meriti la pubblicazione...
Non so che dire, si può anche considerare questo post come una RFC (=Request For Comment), quindi se qualcuno ha qualche idea...
Le mie si sono disseccate.

sabato 23 febbraio 2008

Caro papà: la paura.

Caro papà, ti scrivo ancora. Spero che non ti scocci la cosa: dopo così tanto tempo in silenzio, due lettere in pochi giorni. So che lassù dove stai (o laggiù, o in mezzo, o non importa...) non ve ne frega più di tanto delle vicende terrene, checché ne dica Dante o le nostre speranze... Quindi tutto queste informazioni sul mondo dei vivi potrebbero diventare noiose, inutili, persino dannose. Spero che non succeda (ma non mi spingo a tanto di chiederti di farmelo sapere, sarebbe pretendere troppo!).
Quanto ti ricordi del mio carattere? Spero molto e credo proprio che sia così, che non sia una pia speranza. Sono sempre stato un po' timoroso, ricordi? Volendo descrivere la cosa in termini freddi è analitici, sono stato sempre molto analitico, attento ad ogni aspetto delle cose che andavo ad affrontare, curioso dei dettagli, in piena elaborazione di tutte le possibili alternative, sopravvalutando attentamente ed appositamente quelle negative, ricavando con cura una stima delle probabilità positive e negative in maniera tale da prendere successivamente la giusta decisione.
Insomma, diciamola tutta, sono sempre stato un po' cacasotto.
Non è che tu sia stato del tutto estraneo a questo atteggiamento. Anzi, a pensarci bene, forse nei sei stato il maggiore responsabile. A fin di bene, ovvio, ma alla fine le intenzioni non sono sempre correttamente tramutate in fatti, e così è andata a finire che il risultato finale sia stato abbastanza differente da quello che tu speravi e stimavi.
Il tuo atteggiamento nei miei confronti è sempre stato redarguire pesantemente ogni mio errore. No, va bene, diciamoci la verità e usiamo le giuste parole. Altro che redarguire pesantemente, ti incazzavi come una bestia, sbraitandomi contro fino a diventare rauco. Non hai mai alzato le mani, e di questo ti sono grato, anche perché con quelle pale che ti ritrovavi mi avresti facilmente ridotto ad un mucchietto d'ossa spezzate e sanguinolente se avessi voluto; ti sei sempre limitato a vomitarmi addosso tutta la rabbia, la frustrazione, il senso di impotenza che i miei fallimenti - sia che fossero infinitesimali che apocalittici,beninteso - ti procuravano.
Ecco, credo che proprio questo sia il punto fondamentale. Rabbia, la tua rabbia. Frustrazione, la tua frustrazione. Il tuo senso di impotenza. Niente a che vedere con i miei sentimenti. Ero distrutto da quel deluderti, massacrato, e lo sono tuttora che le tue urla hanno preso dimora stabile e, ahimé, da me non voluta nel mio superIo. Tu non te ne rendevi conto, almeno credo, limitandoti a macerarti nel problema, sempre che ci fosse un problema, dalla tua parte esclusiva, dal tuo punto di vista. Rabbia perché tutte le speranze che mettevi in quel ragazzino venivano deluse. Senza nemmeno pensare che macigno finivi per buttare proprio sulle mie spalle, che sanno sopportare molto, ma non sono certo degne di un Atlante. La responsabilità di essere lo specchio delle tue speranze, la consapevolezza che in me erano proiettati tutti i tuoi desideri, i tuoi sogni mi opprimeva e tuttora mi schiaccia, anche se in parte mi sono liberato degli aspetti più oppressivi della cosa. La frustrazione che hai sempre avuto per aver dato vita a quel figlio così diverso da te eppure così simile, che con poco sforzo sarebbe potuto diventare tutto quello che tu non sei potuto, non hai voluto o non sei stato in grado di diventare è diventata la mia frustrazione, quella che mi impone di considerare così spesso fallite le mie imprese quando sono ancora tutte nella mia mente, prima ancora di azzardarmi ad intraprenderle. So che fallirò, nonostante tutto, così come ho fallito nel diventare lo specchio delle tue speranze. E' un tuo lascito, non gradito né voluto, ma c'è e me lo devo tenere, così come si fa con un mobile orribile, vecchio e inutile ma che però è un'eredità dei tuoi genitori. Stai lì, lo guardi, occupa spazio ed è un orrore per gli occhi, però te lo devi tenere.
Il senso di impotenza che provavi per non aver potuto forgiare tuo figlio ad immagine e somiglianza dei tuoi desideri, la perplessità che ti circondava, incapace di capire come mai quei metodi semplici che conoscevi e di cui ti fidavi fallivano miseramente ad educarmi come avresti voluto, mi ha avvolto senza pietà. Non solo sbaglio in continuazione, sembra dirmi quella vocina nella mia testa, ma non c'è assolutamente niente che possa fare per rimediare al problema o che mi liberi da questi fantasmi. Niente. Qualunque tentativo, qualunque idea avrò per correggere l'errore fallirà senza possibilità di errore, sia che si tratti di una curva affrontata sulla moto che di convincere i miei capi al lavoro di qualche mia idea. E' peggio della terza legge della termodinamica, non è l'entropia che aumenta con costanza ed ineluttabilità, è la quantità dei miei fallimenti. E, da qualche parte nel mio cervello, sono convinto che si tratti di una legge di natura, così come la legge di gravità, un limite insormontabile ed impassabile come la velocità della luce.
La mia vita è una lotta continua contro queste influenze, contro queste idee, contro queste voci nel cervello che non sono altro che la personificazione delle tue paure nei miei confronti, in quel tuo vedermi così diverso da ciò che avresti voluto avere. Avevi paura di quello che ero diventato perché non mi comprendevi. Viaggiavo ad altre quote rispetto alle tue, su di una rotta completamente diversa.
Sai, l'unica cosa di cui sono profondamente, sinceramente dispiaciuto è proprio quest'averti causato questo timore. Non ci posso fare niente se sono uscito così, papà, in fondo è anche frutto della tua opera. Le tue paure, certo, ma anche la tua ostinazione e tenacia, il tuo altissimo senso di giustizia, il tuo profondo, anche se non riconosciuto né apprezzato, altruismo.
E poi, anche se lotto ancora in continuazione contro quella frustrazione ingiustificata e quel senso di impotenza assolutamente irreale e falso, sono riuscito a compiere delle cose che, per me, sono grandi. E che sono sicuro che anche tu apprezzeresti. Ho ottenuto un buon lavoro solo con le mie forze e le mie capacità, dove sono anche abbastanza stimato sia come persona che come professionista. Ho attraversato l'America in macchina da Washington a San Francisco, ho visto le Sequoie con i miei occhi, così come il deserto e la Monument Valley. Ho imparato a volare. So tutto, o quasi, su come vengono gestite queste macchine che tu hai visto a malapena nella loro infanzia, e che adesso sono diventate indispensabili per la gestione di quasi ogni attività sul pianeta. Sono stato felice, anche se solo per brevi periodi. E, nonostante tutto, credo che lo sarò ancora. E per periodi ben più lunghi, perché lo voglio disperatamente, costi quel che costi, mi basta combattere e vincere, ancora una volta, ancora più duramente, quei fantasmi che hai lasciato nella mia testa.
Nonostante tutto questo ti ringrazio lo stesso e ti rinnovo la mia stima, perché almeno ci hai provato, il mio rispetto, perché magari eravamo e siamo diversi, ma adesso che comincio a comprenderti e non a vederti solo come un nemico o come una figura mitica ed inarrivabile, posso capire e rispettare - anche se non approvare - i tuoi punti di vista. Il mio amore, perché l'amore verso una persona può esistere nonostante i difetti. Anzi, credo che l'amore vero, anche quello filiale, consista proprio nel conoscere e soffrire dei difetti altrui. Ma nonostante questo amare lo stesso.

Ma chi vincerebbe tra Chuck Norris E il Monnezza?

Siamo, ormai, in tempo di elezioni. Sono in trepida e virginale attesa dello stato d'animo adatto per poter scrivere un post "politico" degno di tal nome. Ho un'idea ben chiara in testa e vorrei esprimerla con una buona chiarezza... I miei manzoniani cinque lettori vanno soddisfatti, so che sono molto esigenti.
Nel frattempo mi è venuta un'altra idea. Quando avevo molti meno anni ed ero un maniaco dei fumeti dell'Editoriale Corno, che pubblicava i fumetti dei supereroi della Marvel Comics, ricordo che la rubrica della posta (il migliore sostituto pre-web dei forum...) era stracolma di lettere che chiedevano quali fossero i punti essenziali della vita. I più importanti, all'epoca, erano:
  • Chi è più forte tra la Torcia Umana e Iron Man?
  • Chi è più forte tra Mr. Fantastic e Colosso?
  • Chi è più forte tra Wasp e l'Uomo Ragno?
e così via, con confronti che andavano a sviscerare le rispettive caratteristiche di forza, agilità, intelligenza e i rispettivi superpoteri. Il più inarrivabile era un quesito mitico, affrontato migliaia di volte - anche nelle storie - e mai definitivamente risolto:
  • Chi è più forte tra Hulk e La Cosa?
(secondo me Hulk, ma La Cosa finiva sempre per vincere...). L'amletico quesito non è mai risolto. Così, in attesa che venga posto il quesito politico fondamentale - chi è più forte tra Veltroni e Berlusconi? Secondo me Veltroni, ma Berlusconi finisce per vincere sempre... - vado a spiattellare il quesito che mi è venuto in mente guardando ieri sera un pessimo ma divertentissimo film in televisione (per i più curiosi, Squadra Antiscippo di Bruno Corbucci...):
  • Chi è più forte tra Chuck Norris e il Monnezza?
Io lo so, sarebbe uno scontro epico, altro che Superman contro l'Uomo Ragno. Lo sguardo di ghiaccio e il calcio rotante del ranger texano contro la fetente capigliatura del Maresciallo Gilardi e il suo forbito eloquio. Se lancio questa domanda sui forum ne viene fuori una discussione apocalittica. Esprimo qui la mia personale opinione.
Chuck Norris sembra inarrivabile. L'ultima volta che ha starnutito è partito l'uragano Katrina. Usa i missili Cruise come motociclette quando ha fretta. L'ostetrica che gli ha dato uno schiaffetto si è ritrovata con tutte le ossa rotte, e lui non ha pianto quand'è nato, ma ha digrignato i denti (facendo morire di terrore tutta la sala operatoria) dietro la sua barba già folta anche da neonato. Ma il Monnezza...
Diciamo la verità, lui, semplicemente, seppellirebbe lo sguardo di ghiaccio di Norris sotto una scarica di vaffanculi, schiverebbe con facilità il calcio rotante del ranger e gli assesterebbe prima una serie di pizze a due a due finchè non diventano dispari per concludere con una tortorata nei denti che sostituirebbe la dentatura di Chuck con un servizio di cessi di Richard Ginori all'istante, in maniera da fargli avere quella bocca da cacatore che si ritrova, gli ammollerebbe un calcio in culo e lo lascerebbe a terra, sanguinante e pronto a confessare qualunque cosa vuole "er marescià"...
Ho dato il mio giudizio, e so che sarò punito per questo, ma ne sono convinto: Er Monnezza je dà una pista a quer pappamoscia de Chuck Norris!

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Now playing: Screaming Trees - Bed of Roses
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sabato 16 febbraio 2008

Caro papà...

Caro papà, ti scrivo questa lettera perché tu possa essere informato di quello che sta succedendo quaggiù. E' un bel po' di tempo che tu, saggiamente, hai deciso di schiattare, togliendoti dal casino che imperversa da queste parti.
So che c'è una cosa che ti preoccupava molto e per questo sarà la prima cosa che ti dico: faccio ancora lo stesso lavoro. Ebbene si, nonostante i bordelli che si sono susseguiti, le varie crisi che una dopo l'altra hanno imperversato per questa nazione, quel lavoro che tu mi hai visto cominciare una decina di anni fa da semiprecario è ancora mio, assunto in pianta stabile e - ragionevolmente - tranquillo di poter continuare senza problemi per molto tempo. Purtroppo alcune cose, anche in questo campo, non sono andate molto bene. Alla fine sono stufo di quello che faccio e, nonostante le responsabilità (ci crederesti? Ci sono una trentina di persone che dipendono da me!), non ho ancora messo la testa a posto. Sono, fondamentalmente, la stessa testa di cazzo che ero una decina di anni fa.
Però quelli che lavorano con me - almeno la maggior parte - mi apprezzano moltissimo... Almeno credo. Mi sono mantenuto ragionevolmente onesto - cosa non facile nell'Italia frantumata del 2008 - e sono abbastanza fiero di me stesso.
Non ho avuto nessun exploit spettacolare, il "ragazzino che tutti erano sicuri che avrebbe fatto qualcosa di grande" è ancora il "ragazzo che potrebbe fare qualcosa di grande". A trentasette anni è forse un po' tardi per avviarmi ad una carriera fantasmagorica che mi porti nelle enciclopedie, come tu segretamente - ma qualche volta avresti pure potuto dirmelo! - speravi, ma non è mai troppo tardi. Però ti confiderò un segreto... Non credo proprio di essere così eccezionale come dicevano tutti, quindi probabilmente rimarrò ammirato ed apprezzato da pochi (illusi) ma sostanzialmente nell'ombra. Vabbé, pazienza, non si può avere tutto dalla vita.
Non mi sono fatto una famiglia. Ho avuto varie storie, tutte con donne abbastanza fuori dal comune ma nessuna che mi portasse a dire che quella è la donna della mia vita. Forse è stato meglio così, non credo che sarei stato un gran padre ma, chissà, magari a quarant'anni darò una mano a far nascere qualche ragazzino che mi faccia disperare e mi dia problemi come io ho fatto con te. Sarò un cinquantenne con un adolescente da gestire? Non lo so proprio, magari tu lo sai. Nel caso non farmelo sapere, preferisco rimanere nell'incertezza.
Il tuo processo non è ancora finito. Anzi no, diciamola tutta, non è nemmeno iniziato, siamo ancora nella fase istruttoria. Il Pubblico Ministero vorrebbe mandare tutti a casa, è convinto - o è stato convinto a suon di mazzette, non lo posso sapere - di perdere, ma per fortuna le parti civili si stanno dando da fare. Non otterranno niente, la situazione della giustizia in questi dieci anni è diventata uno schifo vero e proprio, ma almeno stiamo difendendo la bandiere. A proposito, tanto per farti fare una risata, il nostro avvocato di parte civile è quel matto di Nando... Si, lo so che adesso starai sbarrando gli occhi, ma non ti preoccupare, è cresciuto e almeno lui la testa l'ha messa a posto. Un po', non eccessivamente. Quanto basta, direi.
A proposito, hai presente tutti i miei vecchi amici? Ci sentiamo ancora, passiamo del tempo assieme (quando riusciamo a beccarci), siamo ancora legatissimi. Sono ancora le persone migliori che conosco (si, Nando è uno di loro, come Davide, Nevile, Antonello, Francesco... Niente è cambiato sotto questo aspetto). L'amicizia funziona ancora.
Sarai felice di sapere che si parla sempre di più di "morti bianche", di morti sul lavoro. Anche il presidente della Repubblica - da non crederci, è Napolitano, ma ci pensi? L'unico del PCI che ci è sempre stato sulle palle! - ha detto che è uno dei problemi più tragici che ci siano. Ci si è un po' dimenticati di tutte le morti "stagionate" come la tua, ma almeno se ne parla. Il lato positivo è questo, quello negativo è che tramite il meccanismo dei subappalti, degli straordinari forzati e del profitto a tutti i costi finisce che ne schiattano sempre di più e in maniera sempre più stupida. Un massacro continuo, più dei morti in Iraq. Ah, già, tu non lo sai, ma Bush (non quello che conoscevi tu, ma il figlio, che è riuscito in qualche maniera a farsi eleggere per ben due volte Presidente) si è beccato un attacco terroristico con i controcoglioni l'11 settembre del 2001 e per ritorsione ha invaso l'Iraq, non perché c'entrasse qualcosa ma per il petrolio e perché avevano offeso il suo caro papà. Ma questa è un'altra storia, magari se avrò tempo ti scriverò un'altra lettera per raccontarti la storia.
Dicevo dei morti sul lavoro, meglio non divagare troppo. Aumentano sempre più e, a dire il vero, come al solito - a parte per le famiglie e gli amici - non è che gliene freghi molto a nessuno, però almeno i politici - che sono sempre peggio, ma è meglio che almeno su questo ti tengo tranquillo - ne stanno parlando. I processi non partono, i dirigenti aziendali continuano a non essere toccati e le aziende continuano a fare i loro porci comodi senza che nessuno trovi niente a che ridire, ma almeno adesso se ne parla.
Chissà, se questa fosse una nazione ideale magari si comincerebbe a parlare seriamente delle colpe del passato, di tutti i danni che persone adesso osannate come i padri del capitalismo e della politica italiane abbiano marciato e costruito le loro carriere sui cadaveri di tanta povera gente come te, ma questo è di certo pretendere troppo da quest'Italia da quattro soldi. Però un lato positivo c'è: anche se la nostra stampa è veramente una pessima accozzaglia di ignoranti pronti a leccare il culo dei potenti ho ancora la libertà di scriverti questa lettera senza trovarmi dopo cinque minuti la polizia di fronte alla porta. Almeno spero...
Ti saluto, quindi, sperando di avere il tempo, e la voglia, di scriverti più spesso. Non sei mai stato uno che leggeva molto e, purtroppo, la mia disillusione mi ha fatto diventare una persona che scrive con difficoltà e, sicuramente, con meno brillantezza e stile di tanti anni fa. Cercherò di migliorare sia in quantità che in qualità, e questa è l'unica promessa che ti faccio. Mi conosci, sai benissimo che faccio promesse solo quando so di poterle mantenere. Me l'hai insegnato tu, e sono fiero che tu l'abbia fatto. Come sono fiero di tante cose che mi hai fatto capire, sia prima che dopo essere morto. Mi dispiace solo di non averti mai potuto dimostrare, a parole o con azioni, quanto tuttora ti sia grato. Hai fatto un gran lavoro con me, che ero e sono un soggetto difficile. Ti sei trovato tra le mani una patata rovente, hai fatto del tuo meglio sacrificandoti anche più di quello che dovevi. Di nuovo grazie, non potrò mai dirtelo abbastanza.
Con amore, ammirazione e stima. Come è sempre stato, anche quando non te lo dicevo, anche quando litigavamo selvaggiamente.

giovedì 14 febbraio 2008

Giornate male illuminate

Esistono, queste dannate giornate. Mi piace definirle male illuminate, giornate in cui tutto sembra scuro. Non scuro nel senso di "dark", che poi tutto sommato mi piace, ma semplicemente giornate in cui sembra di essere proprio nel fondo di un tunnel. E non c'è nemmeno la luce in fondo al tunnel. Anche se lo so benissimo che la luce non è nient'altro che il treno che sta arrivando.
Niente da dire, non era nemmeno il caso di mettersi a scrivere, sono troppo incazzato, immerso nel buio senza poter vedere, per poter scrivere qualcosa di sensato. Anche se ne avrei voglia.
Alla prossima, sperando che domani sia una giornata migliore.

mercoledì 6 febbraio 2008

E' nato un amore

Oggi non sono andato al lavoro, ho passato una nottata infame e al risveglio non ero minimamente in grado di intendere e di volere. Sono rimasto a letto, semidistrutto, fino alle 12:00. Poi alle 15:00 circa, ho pensato:
- Ho una splendida Suzuki Bandit GSF 600 del 2004 sotto casa, ed è mia.
- E' una giornata meravigliosa, senza una nuvola.
- Prima o poi dovrò (re)imparare a portarla.
Ora, parliamoci chiaro, c'è il piccolo particolare che il foglio rosa non è ancora arrivato... In teoria non potrei ancora portarla. Vogliamo scoraggiarci per qualcosa del genere? Dopo tutto, mi sono detto, al massimo farò qualche giro nelle strade qui intorno. Prendo l'armamentario, mi imbacucco e scendo. Via il bloccaruota, casco, occhiali da sole, sulla moto e...
Ok, in partenza devo ancora affinare. I primi tentativi sono stati non molto fruttuosi, un paio di volte non ho tenuto nemmeno la moto ed è andata a terra (guadagnando la "firma", il famoso primo graffio che si deve avere sempre!). Ma poi ci ho preso la mano. Un paio di giretti nelle stradine qui intorno e mi sono sentito sempre più sicuro, tranquillo. La Bandit va da sola, è semplice da portare (non fosse per quello scatto in partenza... Devo imparare a controllarlo!). Passato il primo momento di iperventilazione ho cominciato a fare su e giù per le stradine senza troppi problemi. Poi mi sono detto: andiamo a controllare se è arrivato il foglio rosa... E giù fino alla scuola guida. Poi sono passato a vedere se un negozio aveva dei guanti di quelli imbottiti, visto che le palme delle mani sono notevolmente sollecitate... E poi non sono riuscito a tornare a casa, sono andato lungo la strada, facendo un lungo e godurioso giro per le campagne dietro Roma...
Come dicevo nel titolo, è nato un amore. Quella moto ed io abbiamo deciso di stare insieme per un bel po', con molto sesso...

domenica 3 febbraio 2008

Cloverfield

E' stato annunciato come l'evento cinematografico della stagione, cosa un po' divertente perché in questo mondo frenetico di inizio 2008 gli eventi, se va bene, hanno una durata di appena una settimana.
Ieri sono andato a vederlo... Non rivelerò la trama, con un po' di fortuna ci sarà qualcuno che vorrà andarlo a vedere, ma mollo giù un po' di considerazioni sparse:
L'impatto è notevole. I commentatori americani lo hanno descritto come scaring as hell, terrorizzante, e posso anche ben capirli. Se ci si immerge a fondo nella storia se ne esce che tremano le gambe. Qui in Italia l'effetto è molto meno marcato: noi non abbiamo vissuto in prima persona l'11 settembre - e questo fa una bella differenza - e in più mai come in un film "finto amatoriale" come questo il doppiaggio, seppur ben realizzato - svilisce la storia. Le voci sono sempre troppo perfettine, troppo impostate per dare la sensazione del "reale", fondamentale in quel film.
Ci sono alcune palesi forzature della realtà. Non parlo di un mostro alto ottanta metri che distrugge New York, quella è la violazione zero del film, la premessa inspiegata ed inspiegabile che colpisce l'immaginario dei protagonisti... Un po' come un paio di Boeing 767 contro le Torri Gemelle ;). Parlo della videocamera più robusta e con la batteria di più lunga durata dell'intero universo conosciuto e di un paio di altre invenzioni che stiracchiano un po' il senso della realtà.
L'insoluto è la chiave del film. Non si sa niente di quello che sta succedendo all'inizio, non si sa cosa sta succedendo in corso d'opera, non si sa cosa è successo alla fine. J.J. Abrams è riuscito a metterci nei panni della povera vittima, una di quelle migliaia di formiche che vengono regolarmente spiattellate e schiacciate nei film catastrofici. E' anche troppo perfetto in questo, visto che la sensazione che ci viene trasmessa è un senso di totale impotenza. Guardacaso la stessa identica sensazione che milioni di americani hanno provato dopo l'11 settembre... Purtroppo loro hanno riversato la loro frustrazione e impotenza su di un paio di nazioni radendole al suolo, giusto per fare qualcosa, ma questa è un'altra storia.
Un'ultima considerazione al volo: i commenti nella sala semivuota variavano da un "er peggio firm ch'ho mai visto" al sempre immortale "aridatece i sordi". Cercare qualcuno che vada a vedere un film senza preconcetti, che si faccia assorbire da una narrazione difficile e complessa da seguire, che apprezzi il metamessaggio lanciato dall'opera stessa è, in un cinema di Roma nel 2008, una fatica inutile. Noi italiani stiamo riuscendo a diventare più idioti, massificati e senza cervello degli americani, e non è poco come traguardo.
Ce lo meritiamo Berlusconi.

sabato 2 febbraio 2008

A Bandit is coming...

Le stupidaggini sono un'arte, non una scienza. Se uno deve compiere una stupidaggine la deve fare per bene, con una preparazione lenta e coerente, fino ad arrivare ad una precisa, continua e enorme stronzata che possa dare una vera soddisfazione.
Ne ho fatta una. Della quale, sia detto per inciso, sono contentissimo. Ho comprato una moto. No, non uno scooter con variatore da commendatore cittadino, niente di questo. Una bella naked, una Suzuki 600 Bandit del 2004, blu e bianca come l'araldica Suzuki suggerisce.
Pagata mercoledì ancora non l'ho in mano... Ancora non si sono decisi a fare il passaggio di proprietà; un bel contrappasso, visto il lavoro che faccio.
Non vedo l'ora di prenderla, farci i primi, incerti passi sopra, prendere padronanza del mezzo per poi (ri)sperimentare la sensazione dell'essere un motociclista, fuori dalle scatole di latta che sono uno dei maggiori elementi del mio stress.
Un giocattolo? Forse. Amo immaginarlo come un invito ad uno stile di vita un po' migliore.
Si dice che questo 2008 - anno bisesto, anno funesto - sia ad alto rischio. Le prime avvisaglie sembrano confermare questa situazione.
Speriamo che la Bandit mi aiuti a renderlo un po' più piacevole...

Mars Edit

Sono completamente in lotta sia con Blogger che con la sua impossibile interfaccia per scrivere di matematica. Sto provando a raffinare l'export di Mathematica, in maniera tale (magari con l'aiuto di qualche tool esistente o scrivendo qualche programmino ad hoc) da poter inviare dei post in cui ci sia abbondanza di figure (inviate al posto giusto) e formule matematiche... Ma è dura.

Soprattutto per mancanza di tempo.

Nel frattempo provo qualche tool esterno proprio per scrivere post: questa è la mia prova con MarsEdit, un tool carino... Fortunatamente con 30 giorni di periodo di prova che mi farà capire se è possibile usarlo per scrivere i miei post o se è semplicemente superfluo.

Ad essere sincero non mi va proprio di scrivere un programma ad hoc solo per questo scopo. Mancanza di tempo e voglia...