domenica 8 febbraio 2009

Testamento biologico?

Pare proprio che sia diventata una necessità. Esprimere chiaramente la propria volontà, non limitarsi ad accennare casualmente alle proprie convinzioni, lasciando liberamente ad "altri" - chiunque essi siano - il compito ingrato di trasformare questi accenni monchi e scevri di chiarezza in azioni reali.
In fondo non è un male. Che noi italiani, soprattutto noi che ci pecchiamo di essere intellettuali (intellighénzia? In questo paese significa riuscire a parlare di qualcosa che non sia l'ultima partita di calcio o l'ultima lite al Grande Fratello...), veniamo costretti ad esprimere una posizione chiara ed inequivocabile, senza quelle ampie fasce di ambiguità che sembrano essere una caratteristica di qualunque affermazione fatta in questa lingua.
Allora, si parlava di testamento biologico. Al momento in Italia questa cosa non ha alcun valore legale. Di più, visto l'orientamento bigotto e simil-populista della stragrande maggioranza del popolo italiano se mai si arriverà ad una legislazione è molto probabile che non ci sia mai un riconoscimento pubblico di quanto sto per scrivere. Probabilmente ritorneremo al medioevo giuridico dei dettami della Chiesa, ma, tant'è, io ci provo.
Primo punto: se schiatto, schiatto. Cuore fermo, cervello morto, non c'è discussione. Se ci sarà in quel momento qualcosa di buono da recuperare dal mio corpo allora che sia recuperato; quello che rimane, se possibile, venga cremato. Non chiedo a nessuno di conservare le ceneri: se si trova un bel posto, magari sul mare (non ad Ostia...), spargetele al vento. Non è una romanticheria inutile: non credo nella venerazione di un corpo in decomposizione e sarebbe bello rientrare al più presto nel ciclo della vita. Vorrei evitare i sacramenti cristiani, al momento non riconosco alla Chiesa cattolica alcun valore morale, ma se mia madre fosse ancora viva quando muoio so che le farebbe piacere. Per lei, quindi, ma non per me, potrei fare un'eccezione e ammettere che un prete faccia alcuni gesti per renderla felice. Se mia madre non ci fosse più quando verrà il momento... Bé, in quel caso è lineare: niente estrema unzione e funerale civile. Non voglio preti vicino al mio cadavere.
Morte cerebrale? Vedi sopra. Se il mio cervello non funziona più allora io non ci sono più. Quindi vedi sopra. Al momento la legge è d'accordo con me, ma visto come stanno le cose non credo che sia una situazione destinata a durare. Quindi, per evitare rischi, ribadisco: se per caso mi ritrovassi in uno stato di morte cerebrale e la mia volontà contasse ancora qualcosa togliete tutto quello che possa essere utile agli altri e cremate i pezzi di carne che avanzano. La morte cerebrale è morte a tutti gli effetti.
Stato vegetativo... E qui le cose si fanno complicate. Il corpo e vivo e funzione, ma il cervello - sia pur mantenendo quelle funzioni necessarie a tenere in vita il corpo - è andato. La coscienza non c'è più. O almeno credo che sia così, visto che nessuno è mai tornato da quella condizione per raccontarci cosa c'è. Non ho prove sceintifiche per affermare quanto sto scrivendo, ma sono profondamente convinto - e mi dicono che ad analizzare queste cose sono bravino - che non rimanga assolutamente niente di sé in quella condizione. Di conseguenza chiedo, imploro, supplico che se mai venissi a trovarmi in quella disgraziata condizione si faccia quanto possibile per accelerare la fine delle funzioni vitali del mio corpo, inclusa l'eventuale interruzione di alimentazione e idratazione. Un linguaggio freddo e crudele, ma - almeno spero - chiaro ed inequivocabile. Fatemi la pelle, non voglio rimanere come un corpo che sopravvive a sé stesso.
Coma... E cioé incoscienza più o meno profonda. La letteratura scientifica dice che dal coma, anche dal più profondo, è possibile tornare. Spesso in questi casi si hanno danni cerebrali, la coscienza, che io continuo ad identificare cartesianamente con l'individuo, può riemergere intatta come più o meno danneggiata. Diamo il beneficio del dubbio: provate a salvarmi la pelle. Vedete cosa ne esce fuori, se possibile, ma non accetto di essere mantenuto all'infinito in uno stato di coma se non c'è possibilità di recuperare almeno qualche funzionalità. Il parere dei medici ha un'importanza fondamentale in questo caso: se dicono che ci sono possibilità - al momento o in un futuro prossimo in cui la tecnolologia possa compiere qualche sviluppo che al mopmento pare ai limiti del miracoloso - che possa tornare, sia pure menomato, allora che si tenti. Ma quando le speranze si siano estinte non costringetemi alla tortura di continuare semplicemente, di essere un corpo vuoto da far sopravvivere indefinitamente. Se starò sognando in quel momento sappiate che la mia volontà è che quel sogno si spenga, perché possa diventare un ricordo nello spirito di chi ci ama. Non intendo far soffrire inutilmente, più del necessario, chi mi vuole bene.
Se poi mi debba ritrovare in una situazione in cui sono cosciente e condannato, magari sofferente... Bé, quella è una situazione diversa. Avrò, almeno spero, la possibilità di dire la mia, di fare valutazioni. E, questa è una promessa, sarò molto chiaro nell'esprimere ciò che voglio.

2 commenti:

Unknown ha detto...

Condivido e sottocrivo integralmente con l'unica e sola eccezione della ipotesi della sopravvivenza del genitore: anche in questo caso nessun prete si dovrà avvicinare al mio corpo. Spero di essere stato altrettanto chiaro.

Anonimo ha detto...

Il bello di avere un bel po' di cromosomi in comune è che quello che scrive un fratello spesso è valido anche x la sorella, che pur continuando (nonostante tutto) a far funzionare i pochi neuroni rimasti non riesce a trovare il tempo x mettere nero su bianco! Ciò che hai scritto vale al 100% anche x me.