domenica 20 giugno 2010

Il Grande Freddo

Piove. Fa freddo. Il che, per un 20 giugno romano, non è che sia esattamente normale. Ma sembra - anche metereologicamente - che questo sia l'anno del Grande Freddo.
Alex arriva a quarant'anni, guarda indietro alla sua vita e la trova vuota, sprecata. Vede quello che è, e non gli piace. Alex sta ristrutturando una casa regalatagli dal suo amico dei tempi migliori. Alex è brillante, lo sa, ma quello che combina non va mai bene, non riesce a fare quello che vorrebbe. Non riesce ad essere quello che vorrebbe. Peggio ancora, non sa cosa vorrebbe essere. Alex è di fronte ad uno specchio, sorride, fa un respiro profondo. Prende una lametta. Mentre comincia ad incidersi i polsi sente a malapena dolore. Anzi, si gode quel poco che sente, sa che è una delle ultime cose che proverà. Si stende nella vasca tranquillo, godendosi l'acqua bollente come se fosse l'ultimo piacere della sua vita. Sente il sangue che gli bagna le braccia e, pian piano, mentre la vita lo abbandona, si rilassa. Dopo poco Alex è un cadavere e non più una persona. Ha fatto l'ultima delle immense stupidaggini della sua vita. Avrà un funerale fantastico. Diavolo, è il funerale che tutti - me compreso - vorrebbero avere. Con gli amici che sorridono mentre le note di "You can't always get what you want" si diffondono nella chiesa. Ha un solo difetto quel funerale: Alex non è lì per vederlo.
E' alla fine il problema che frega tutti i suicidi: quello che spinge a tagliarsi le vene, buttarsi da un ponte, spararsi in bocca o ingoiare un sacco di pillole non è solo la voglia di farla finita, in tutte le sue sfaccettature. C'entra anche la volontà di fare il proprio funerale, di calare la matta al momento meno opportuno quando i rapporti con tutti quelli a cui si vuole bene stanno andando implacabilmente a puttane, risolvere la partita gettando il tabellone per aria, non giocare più, sapendo benissimo che quello che rimane alla fine è solo un mucchio di ricordi, per la maggior parte belli.
Non dovrò più lottare - pensa il suicida - non dovrò più far fatica, non dovrò più dar retta alle stronzate e di me, dopo poco, non resteranno altro che bei ricordi.
Nessuno pensa del morto che era uno stronzo, anche se è vero.
E' una fregatura, e nemmeno piccola. Prima di tutto perché se uno è uno stronzo rimane sempre uno stronzo, qualunque cosa faccia per nasconderlo, fosse anche ammazzarsi. E poi perché nonostante tutto il peggior comportamento lo tiene, come quasi sempre accade, verso se stesso: si ammazza, quindi tutta quella bella scena che si è immaginato, fosse pure il più bel funerale dell'universo, non è per lui. Perché lui non è lì per vederla. E quindi diventa inutile, anzi, dannosa, visto il dolore che tutti proveranno per il suicida.
Mi dispiace Alex, eri uno stronzo. Hanno fatto bene a tagliare tutte le tue scene nel film.
Però...
Quando sento la sua storia, raccontata da quelli che l'hanno amato nei suoi momenti migliori, rendendosi conto di che persona eccezionale era, "brillante studente di fisica che abbandona gli studi per imbarcarsi in una serie apparentemente senza senso di lavori" - si, mi ricorda qualcuno - e capisco le sue difficoltà di comunicazione, l'impotenza che doveva sentire nel non riuscire a trasmettere agli altri quell'ansia esistenziale che lo spingeva a compiere cose senza senso, a dire cose contraddittorie, a sembrare tutto e il contrario di tutto da un momento all'altro, la difficoltà nel portare a termine le cose... Dio se lo capisco. Io ed Alex sembriamo due gocce d'acqua - e non lo dico perché era interpretato da Kevin Costner da giovane, io sono molto più brutto - e a volte questo mi preoccupa.
Ci sono dei momenti, brutti momenti, in cui il Grande Freddo cala su di me, mi pervade, e io mi sento intimamente vicino ad Alex, di fronte allo stesso specchio, gli stessi pensieri, le stesse paure, le stesse idee che riguardano una fine semplice e poco impegnativa, la stessa voglia di buttare all'aria il tavolo, carrarmatini e dadi compresi, per concludere la partita senza vincitori né vinti. Ci sono momenti in cui l'impossibilità di comunicare mi colpisce come una stilettata al cuore e la visione del futuro mi terrorizza.
So perché Alex ha fatto quello che ha fatto, non ha misteri per me.
E questo non mi impedisce - anzi, mi rende la cosa ancora più facile - di considerarlo uno grandissimo stronzo. L'ho detto anche prima, quello che ha fatto è stato un gesto infame, una crudeltà verso tutti quelli che gli volevano bene. E una stupidaggine verso se stesso. Succede che le cose vadano male, Alex. Siamo abituati ad attraversare l'inferno, e alla fine (magari un po' bruciacchiati e acciaccati, certo) se ne esce lo stesso. Sapere quanto fa male e averne una paura fottuta non può, non deve essere un buon motivo per farla finita. Essere morti è peggio. Essere morti è peggio di qualunque altra cosa.
Quindi, fioretto di questo strano inizio d'estate, cerchiamo di non essere degli idioti, per di più stronzi. Ricordarselo ogni tanto è sempre utile.

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