sabato 15 dicembre 2007

Il Mercato Orientale

Genova è una città antica, più antica di quanto possa sembrare. Genova è una città modernista, più che moderna, più di quello che possa sembrare. L'ho vista ben poco alla fine, arrivato di domenica sera e ripartito di martedì. Avrei voluto rimanerci di più, devo dir che mi ha intrigato ed attirato.
Ci si arriva, almeno in aereo, dopo una lunga traversata sul mare. Viaggiando dopo il calar del sole il tutto ha un che di magico: per un'ora ci si trova immersi in un buio totale, senza nemmeno una luce all'orizzonte che ci dia un punto di riferimento. Poi, all'improvviso, l'aereo vira, e la corona di luci della costa ligure si piazza decisamente a destra mentre l'aereo scende verso l'aeroporto. E' una discesa lunga, quasi interminabile, la perdita di quota lenta e impercettibile. A sinistra solo il nero infinito del mare.
A un certo punto appare Genova, avvolta nella luce ambrata delle luci al mercurio. Non è un apparire improvviso, la costa ligure è un susseguirsi ininterrotto di luci abbarbicate sulle montagne. Ci si rende conto che si sta per atterrare solo perché all'improvviso, quando i è già sotto l livello delle gru portacontainer, sotto l'aereo appare il macadam della pista. Dopo un attimo si sente il colpo dell'atterraggio e l'ululare dei motori in inversione che frenano l'aeromobile.
E' strana la prima impressione che mi ha fatto Genova. Il primo impatto mi ha ricordato le immagini che mi erano state trasmesse dal leggere di New Crobuzon. Una città antica, ancorata nel lungo sonnecchiare di prima della rivoluzione industriale, alla quale fossero state incollate quasi a forza le stimmate dell'industrializzazione selvaggia. Un infinito distendersi di palazzi antichi e consunti, alti e incollati alle colline, attraversati da immense strade sopraelevate moderne eppure consunte. Uno sporco creativo per una città steampunk.
E' solo un'immagine di una mente dotata di troppa (inutile) immaginazione, ma funziona ed è forte.
Ho potuto passeggiare solo per un'oretta di sera, macchina fotografica in mano. Il sole stava tramontando proprio in quel momento, la luce era magica. Il centro era inondato delle mille luci di Natale, brulicante di gente. Ho adorato quella sensazione, soprattutto quando, girando per una stradina, ho visto un ingresso nascosto con l'insegna "Mercato Orientale" sopra. Mi ci sono fiondato ed ho trovato proprio quello che cercavo: un mercato coperto, in piena e frenetica attività nonostante l'ora, affollato di venditori e compratori di tutti i colori e di tutte le razze, sorridenti e vocianti. Mai nome fu più appropriato: un piccolo suk, immerso in una città ferma nell'immaginario di un tardo XIX° secolo che avrebbe potuto essere ma non è stato. C'è tutto, a Genova, c'è l'oriente, c'è l'occidente, c'è l'antico, c'è il moderno. Non mi sarei sorpreso a trovare sulle bancarelle una macchina di Babbage perfettamente funzionante, reliquia di un passato mai avvenuto, pronta per essere acquistata da chiunque fosse passato di là.
Grazie Genova, mi hai regalato dei bei momenti, purtroppo troppo brevi. Luciderò gli ottoni sognando quel passato che non hai mai avuto ma che rappresenti anche troppo bene.




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