giovedì 16 agosto 2007

Al lupo, al lupo!

Tutti hanno paura del lupo. Può sembrare così, ma tutti hanno veramente paura del lupo...
Non perché sia veramente il lupo a fare paura. Anzi. Alla fine non è altro che un cagnolone con i denti un po' troppo aguzzi. Che ha il brutto vizio di girare di notte, di ululare alla luna, d'accordo, ma poi alla fine non è così cattivo. Certo, le pecore dovrebbero pensarla un po' diversamente, ma se riflettiamo bene le pecore dovrebbero pensarla anche peggio riguardo a noi: sono più gli agnellini che ci pappiamo spudoratamente di quanti i lupi della penisola non potrebbero nemmeno lontanamente sperare, anche nei loro sogni più lascivi.
Alla fine, a voler essere onesti, è il lupo che dovrebbe avere paura. Di noi.
All'uomo, all'uomo! Già li sento ululare nella notte...
Dovrebbero farlo. Alla fine siamo stati noi a fargli letteralmente la pelle. Almeno loro ci attaccano solo per qualche buon motivo. Hanno paura, magari hanno fame e non ci capiscono più niente con quel desiderio assoluto che gli tormenta le viscere, allora fanno un paio di ululati, si incamminano nella foresta e a un certo punto incontrano qualche deficiente che magari è andato a fare una passeggiata nella notte perché è tanto romantico, loro non gli farebbero niente, poveracci, anche perché c'hanno una fame che nemmeno sono tanto sicuri che potrebbero corrergli dietro, ma è il loro territorio, cazzo, dieci milioni di anni di evoluzione mica li puoi tenere in silenzio, il lupo difende il territorio. E ringhia.
Perché quando qualche stronzo entra nel territorio lui, il lupo, ringhia. Non è cattivo, è l'istinto che glielo fa fare. L'ha sempre fatto e sempre lo farà, anche se lo trasformi in Chihuahua, e infatti vedi questo cagnolino in formato subnotebook che anche se ricorda veramente molto alla lontana lo zio lupo comincia a tirare fuori i dentini dei puffi quando ti avvicini al suo angolo di cucina.
Il lupo è lupo, mica ci può far niente.
Il terriotrio e suo, il coglione ci è entrato, lui ringhia. Se il coglione non è tanto coglione a quel punto capisce di aver fatto una cavolata di dimensioni MADORNALI, fa un respiro profondo e lentamente, senza fare movimenti bruschi, ritorna alla macchina.
Però siamo noi ad avere paura dei lupi.
E il coglione quindi che fa? Si gira e si mette a correre, comincia a spandere tutt'intorno odore di paura, che al lupo gli fa un effetto strano, è come se si fosse drogato, comincia a divertirsi senza sapere nemmeno perché, un po' come quando l'Italia vince ai mondiali e anche a te che non te ne frega un cazzo viene da vestirti con la maglietta azzurra, guardare i rigori col fiato sospeso e mettersi a fare l'ultrà nazista alla prima buona occasione. Non lo sai mica perché ti comporti così, anzi ti sembra un po' da pirla metterti a cantare i White Stripes in mezzo alla strada, però lo fai e non sai bene perché.
Per il lupo è lo stesso. Il coglione che si gira è scappa via veloce come il vento gli fa lo stesso effetto di un rigore segnato da Grosso. Non ha i muscoli facciali, poverino, quindi non lo può fare mica quel sorriso di goduria che vorrebbe fare, ma comincia a a correre dietro al coglione, prima al trotto poi - beato lui che ha quattro zampe - al galoppo. Il coglione nei fumi della paura lo sente dietro di sé, si caga sotto e tenta di scappare più forte, manca clamorosamente la macchina, cerca di fare una sgommata a 180° tipo telefilm americano, incespica, cade, si fa dai cinque ai dieci ruzzoloni, sbatte la testa contro un sasso, si spacca la testa e schiatta. Sul colpo.
E il lupo, assieme al branco, che fa? Si avvicina piano piano, un passo per volta. Tiene la testa bassa, segue gli odori, lui tra l'altro ci vede abbastanza bene al buio, mica si sarebbe fatto fottere da un rametto sporgente come il coglione. Che, tra l'altro, sta lì in un angolo contro un albero, un sacco di sangue che gli esce dalla testa.
Il nasone nero di uno dei lupi si avvicina. Odora. C'è il sangue, ma c'è anche un altro odore, un odore che il lupo conosce bene.
Tira fuori la lingua, si avvicina al coglione. Lo lecca. Lo lecca un'altra volta. Cazzo, non c'è mica da dubitarne, è morto. I lupi sono un po' straniti, si guardano tra loro, mica lo sanno bene quello che sta succedendo. Però sentono una tagliola nelle viscere che gli ricorda che hanno una fame... Bé, una fame da lupi, è ovvio. E lì c'è un po' di carne ancora calda, un morsetto e via...
Si, pare facile. Un morsetto e via. Dopo tutto son lupi, no? E dai il primo morsetto, il coglione non è che sia un granché, è molto meglio il cervo quando si trova, o anche l'agnello quando qualche piccolino sfugge a quel cagnaccio incazzato e si perde nella foresta, ma la fame e fame e lacarne del coglione è sempre meglio di niente. Così un morsetto qua, un morsetto là, parte del coglione finisce nella pancia dei lupi. Non tanto, però perché sranno lupi ma sono mica scemi, lo sanno che l'uomo non si tocca... Quando è possibile.
Poi se ne vanno, ancora con la fame però un po' calmati, e allora arrivano tutti i topacci, roditori e bestiacce del bosco e finiscono l'opera. Una bella opera, veramente un'opera d'arte. Tant'è che il giorno dopo i giornali, orgogliosi, la pubblicano tutti in prima pagina, anche se con un sacco di cerchietti neri messi ad arte per non far scatenare i moralisti ma che lasciano visibile tutto il sangue del panorama trucido, ma trucido che c'è intorno. E allora si scopre che magari il coglione c'aveva un lavoro, era un bravo ragazzo, che c'aveva una moglie e una figlia, che mammamiachebravoragazzocheera e perchémelohannoportatovia, e che i lupi sono aumentati, e che questi ambientalisti c'hanno portato alla rovina perché sono tutti delle checche e bisogna far vedere che cosa sappiamo fare quando siamo uomini, e che non sono mica così utili all'ambiente anzi, meglio spararli, e che ammazzare i lupi era un'antica e saggia tradizione, e che le tradizioni e i valori vanno tenuti saldi e che quindi il lupo bisogna ammazzarlo e che cazzo vogliamo dimenticarci di Cappuccetto Rosso, di Alamo e di Pearl Harbour?
Così, tutti assieme, geometri, commercialisti, operai e vecchi contadini si uniscono, si guardano e avanzano soddisfatti nella foresta, perché all'uomo il lupo fa paura, ma alla folla no, perché la folla siamo tanti. Ohé, siamo ancora scimmie, che credete? Animali da branco fino alla fine, forti quando siamo tanti e deboli da soli, ci piace da morire stare uniti assieme a marciare nella foresta contro al nemico!
Oddio, a dire il vero pure il lupo sarebbe un animale da branco, e pure lui sta in branco. Ma, parliamoci chiaro, che cavolo possono fare cinque o sei sacchi di pulci anche abbastanza affamati contro qualche centinaio di imbecilli, molti armati ma tutti sicuramente con la digitale e il telefonino in tasca, che vengono su con la precisa intenzione di scuoiarti alla prima buona occasione? Ben poco.
Non tanto per il qualche centinaio di imbecilli. Sono rumorosi, casinisti, la foresta non sanno nemmeno com'è fatta, qualcuno si ferma pure a raccogliere dei fiori, qualcun'altro, con un bel coltellaccio da cucina in mano, convinto che il lupo lo stia aspettando dall'altra parte di una radura pronto a fare un bel salto contro di lui in maniera tale da dargli la possibilità di rifare la scena di Sandokan che gli era piaciuta un sacco quand'era bambino, gli passa proprio accanto, mentre lui se ne sta con la coda tra le gambe dietro a un sasso immobile perché tutti 'sti imbecilli sono venuti a rompere le scatole proprio nel suo territorio, e quando gli imbecilli sono tanti anche l'istinto non è mica stupido, ti dice di startene in un angolino acquattato che magari questi matti se ne vanno presto perché si stancano e noi ricominciamo a morirci di fame in santa pace. No, il lupo magari l'avrebbe pure scampata.
Senonché, per colmo della sfortuna, insieme agli imbecilli sono saliti in foresta anche alcuni forestali, che il bosco lo conoscono bene, sanno come muoversi, sanno dove andare, soprattutto hanno ricevuto l'ordine "Categorico. E quando dico categorico intendo dire che se a qualcuno succede anche la più piccola cazzata, anche un'unghia incarnita voi, quant'è vero Iddio, siete i primi forestali che vengono comandati in servizio in Iraq, mi sono spiegato? E portatemi una cazzo di pelle di lupo, che sennò chi cacchio li sta a sentire quegli stronzi degli onorevoli che sono venuti qua a farsi riprendere in televisione?"
Ai forestali mica gli va giù tanto quello che sta succedendo. Prima di tutto quei disgraziati che si trascinano dietro a loro, per la prima volta nella foresta, stanno facendo un casino che ci vorrà un anno per ritrovare tutte le bottigliette di plastica, senza contare che se qualcuno butta male una cicca nel sottobosco è la volta buona che ci giochiamo mezza foresta, e capace pure che qualcuno si fa male. Poi con tutti quei fucili da caccia che si sono portati dietro è molto probabile che qualcuno impallini qualcun'altro, ci scappi un altro morto e il comandante è pure già incazzato, va a finire che si ritrovano volontari per l'Iraq senza nemmeno il tempo di dire sissignore. E poi secondo loro i lupi mica c'entrano tanto. Lo sanno che stanno lontani dai cristiani. Lo sanno benissimo che quello lì ha fatto qualche cavolata e si è spaccato la testa, e che il lupi hanno solo approfittato del bachetto gratis. Ma che ci vuoi fare? Oh, qui si parla di Iraq, mica cavolate. E loro sono militari, se gli dicono di andare devono andare. Meglio la pelle di un lupo che un biglietto per Baghdad. E loro sanno dove trovarlo, il lupo. E si sbrigano pure, casomai qualcuno finisce per farsi male davvero.
Lo trovano quasi subito, infatti. E' il capobranco, dietro di lui ci sono giusto un paio di femmine e di giovani. I cucciolotti non si vedono ma ci sono, ci sono un paio di guaiti che lo testimoniano. Lui sta dritto davanti a loro, mica ha paura, li conosce bene, sono quelli che ogni tanto si fanno un giro e qualche volta di straforo gli molanno anche un po' di pollo e di macinato fregato alla cucina della caserma. Sono pure simpatici a volte, e lui li guarda sempre da lontano. Come stavolta, con gli occhi che sembrano dire "ma quand'è che finisce tutto 'sto casino?".
Anzi, no, a ben guardare, con le costole che sporgono dal corpo magro, mi sa che spera in qualche pezzo di carne, perché c'ha veramente fame.
Un forestale prende il fucile, mormora una bestemmia, punta, spara. Ci mette un attimo, gli altri lupi scappano, lui si avvicina, vede quegli occhi che lo guardano ancora, lo sente guaire, gli spara in testa.
Mentre il proiettile gli sfonda il cranio il lupo pensa che finalmente non ha più fame, ed è strano, perché non ha mangiato.
I forestali ritornano a valle, richiamano la folla. Hanno una carcassa di lupo tutto smagrito e cencioso sulle spalle, ma dopo un po' di spiegazioni alla folla basta. Alla fine uno ha sparato veramente ad un altro della moltitudine, ma per fortuna quello l'ha mancato, figuriamoci se sarebbero stati capaci di ammazzare il lupo, per fortuna che c'erano i forestali.
Alla fine sono di nuovo tutti in paese, le telecamere che inquadrano l'animale scarnito appeso ad un trapezio di legno, intervistano i forestali che a malapena hanno voglia di parlare, però quando sei di fronte alla telecamera devi alzare il mento e farti bello perché ti stanno vedendo tutti, sei in televisione, ma quando glielo chiedono nessuno si ricorda chi ha sparato, c'era tanta confusione, c'era il lupo che scappava da tutte le parti. Gli onorevoli parlano, parlano, parlano, non la smettono più di parlare, parlano dei lupi, dell'ambiente, dei boschi, dei forestali, del comune, della provincia, della comunità montana, della regione e del bene del paese tutto. Una mare di parole che inonda le telecamere e le affoga in un'ondata di stupide, inutili, offensive, banalità campate in aria.
Poi, piano piano, la folla si dirada, la festa finisce, i camion vengono caricati, le televisioni se ne vanno. Gli onorevoli sono spariti quando hanno visto le lucine rosse delle telecamere che si spegnevano. I forestali sono al bar a bere.
In piazza rimane la carcassa del lupo, in silenzio, appesa a testa in giù, illuminata da un lampione, gli occhi morti che fissano il selciato.
Occhio per occhio, dente per dente. Uno di noi per uno di loro.
Però di lupi ne rimangono tre o quattro, morti di fame, spauriti e in fuga.
Ma siamo noi ad avere paura dei lupi.

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